I referendum svelano le divergenze del Campo largo: restano le divisioni su tutto

Il voto sui referendum su lavoro e cittadinanza mostra la frattura profonda tra progressisti e centristi nel presunto campo largo.

I referendum svelano le divergenze del Campo largo: restano le divisioni su tutto

Nel laboratorio politico italiano persevera la suggestione del “campo largo”: i risultati delle ultime elezioni amministrative rilanciano l’idea di mettere insieme il blocco progressista (Avs, Pd, M5S) con i partiti centristi (Azione, Italia Viva). Il problema, però, non è mai stato aritmetico ma politico: la pretesa di saldare due mondi che sui temi fondanti sono strutturalmente incompatibili.

Il referendum su lavoro e cittadinanza fornisce la fotografia più plastica di questa frattura. Avs, Pd e M5S hanno sostenuto in blocco i “sì” su licenziamenti, tutele crescenti, indennità, contratti a termine, sicurezza e cittadinanza. Azione e Italia Viva hanno detto “no” ovunque, riaffermando un impianto ultraliberista ereditato dal Jobs Act renziano. Sembrano tutti d’accordo sul referendum sulla cittadinanza ma sullo Ius Scholae, tema simbolico, Avs e Pd spingono per una riforma immediata, mentre i centristi frenano o si sottraggono al confronto.

Lavoro, fisco e Stato sociale: due agende inconciliabili

Il primo scoglio è il lavoro. Mentre Avs, Pd e M5S rivendicano il superamento del Jobs Act e la ricostruzione delle tutele cancellate, Italia Viva ne resta il principale architetto e Azione il difensore organico. Sul salario minimo, Avs, Pd e M5S propongono una soglia dignitosa per legge, mentre Calenda e Renzi invocano la supremazia della contrattazione collettiva. Il Reddito di Cittadinanza – per il M5S misura identitaria, per Avs uno strumento di civiltà, per il Pd da riformare – è liquidato dai centristi come “assistenzialismo improduttivo”, da smantellare.

Il secondo solco è fiscale. Mentre Avs, Pd e M5S spingono per un sistema più progressivo, per una patrimoniale sui grandi capitali e un rafforzamento dell’imposta di successione, i centristi si muovono all’opposto: riduzione del cuneo fiscale, incentivi agli investimenti, rifiuto netto di nuove imposte patrimoniali.

Il terzo spartiacque è il ruolo dello Stato. Per Avs, Pd e M5S lo Stato deve essere attore diretto: investimenti pubblici, politiche industriali, infrastrutture strategiche, presenza nelle imprese chiave. Azione e Italia Viva ne delineano invece un ruolo di “facilitatore”, orientato a liberalizzazioni, concorrenza e deregolamentazione.

Giustizia, diritti civili e transizione ecologica: le crepe strutturali

Le differenze si fanno ancora più profonde sulla giustizia. Azione e Italia Viva sono i principali sponsor della separazione delle carriere tra giudici e pm, in linea con il centrodestra garantista. Avs, Pd e M5S la osteggiano come attacco all’indipendenza della magistratura. Identica spaccatura su intercettazioni e abuso d’ufficio: i centristi spingono per restringere gli strumenti investigativi; Avs, Pd e M5S difendono il necessario equilibrio tra privacy e lotta a mafia e corruzione.

Anche sui diritti civili l’apparente convergenza si sbriciola nei dettagli: Avs, Pd e M5S hanno sostenuto il DDL Zan senza ambiguità; Azione e Italia Viva hanno chiesto modifiche e mediazioni spesso lette come aperture al conservatorismo. Sul fine vita, i progressisti premono per una legge pienamente laica; i centristi procedono con estrema cautela, alzando il vessillo della “libertà di coscienza”.

La frattura ambientale è forse la più invalicabile. Avs, Pd e M5S propongono accelerazioni radicali su rinnovabili, decarbonizzazione entro il 2040, stop alle fonti fossili e ai finanziamenti agli allevamenti intensivi. Azione e Italia Viva propongono pragmatismo, rinvio degli obiettivi al 2035 e soprattutto il ritorno al nucleare, tema su cui il campo progressista è rigidamente contrario.

Infine, l’Europa e le riforme istituzionali. Se l’europeismo accomuna le forze in campo nella forma, nella sostanza prevalgono gli attriti: Azione e Italia Viva spingono per l’integrazione federale e l’esercito europeo; Avs e M5S insistono su un’Europa sociale e pacifista, frenano sulle spese militari e rivendicano più spazio per diplomazia e cooperazione internazionale. Sull’autonomia differenziata, Avs, Pd e M5S la considerano una minaccia all’unità nazionale, mentre i centristi restano disponibili al compromesso istituzionale con il centrodestra. Persino sulle regole elettorali, i progressisti difendono il proporzionale, i centristi sognano il premierato o modelli alla “sindaco d’Italia”.

La segretaria del Partito democratico Elly Schlein tiene la strategia del “testardamente unitari”. Bisognerebbe però capire “testardamente unitari” nel fare cosa, al di là di provare a sconfiggere aritmeticamente Giorgia Meloni. Se il referendum avesse dovuto essere l’occasione per saldare un’opposizione credibile la missione è fallita.