L’America ordina, la Nato obbedisce, l’Italia si adegua con i suoi tempi. “Gli Stati Uniti sono orgogliosi di essere qui al fianco dei nostri alleati, ma non può trattarsi di fare affidamento” soltanto sugli Usa. “Ogni Paese deve contribuire con il 5%” di spesa per la difesa, ha spiegato il segretario americano alla Difesa, Pete Hegseth, in un punto stampa con il segretario generale della Nato, Mark Rutte, prima della ministeriale Difesa dell’Alleanza, che prepara il terreno al vertice dell’Aja di fine giugno.
Per essere “preparati alla guerra” e “non essere attaccati” servirà “un investimento extra considerevole: prevedo che all’Aja si decideranno obiettivi di spesa molto più elevati per tutte le nazioni della Nato”, ha confermato Rutte. Ovvero quel 5%.
Paesi dell’Alleanza divisi sul target del 5%
Ma non tutti i Paesi sono favorevoli a questo target. I Baltici sono decisamente a favore. Non la pensa così la Spagna. La ministra spagnola della Difesa, Margarita Robles, ha confermato le reticenze di Madrid ad aumentare gli investimenti in armamenti al 5% del Pil, come reclamano gli Stati Uniti agli alleati Nato, soprattutto tenendo conto della capacità effettiva delle industrie del settore ad assumere un tale impegno.
E l’Italia? Roma non mette in dubbio la bontà del target ma si rende conto che allo stato attuale delle finanze pubbliche raggiungerlo ora non è possibile e si propone l’obiettivo di centrarlo nel 2035. “Le sfide che ci attendono non riguardano soltanto il continente europeo, ma si estendono anche ad altri teatri strategici, a partire dal quadrante Indo-Pacifico”, ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto.
Secondo cui “la capacità della Nato di affrontarle in modo unitario sarà decisiva per la stabilità internazionale. È altrettanto evidente che, per essere efficaci, dobbiamo aumentare l’efficienza, la resilienza ed il ritmo produttivo dell’industria della difesa”. Un invito ad armarci e a produrre più armi. Anche perché, secondo Crosetto, in condizioni critiche dal punto di vista della sicurezza, aumentare la spesa per la difesa è “un obbligo”.
Crosetto conferma la bontà del target Nato ma frena sui tempi: per noi possibile centrarlo nel 2035
Ma sul raggiungimento, come dicevamo sopra del 5% a breve, il ministro della Difesa frena ammettendo che Roma non è pronta. “Il tema sul tavolo dei leader a fine giugno sarà quello di un 3,5%” del Pil da destinare alla difesa e l’1,5% per capacità parallele, “da raggiungere in tempi che variano a seconda delle proposte: per qualcuno domani mattina, per qualcuno nel 2032, per qualcun altro nel 2035. Noi abbiamo sposato la tesi inglese di spostare al 2035 il raggiungimento degli obiettivi di capacità che vengono richiesti, vedremo cosa succederà alla discussione di fine giugno” all’Aja, ha argomentato Crosetto.
Per l’Italia spendere il 5% del Pil in difesa al momento “è impossibile”, ha ammesso. “Può essere una prospettiva, se la fisseranno i leader a lungo termine, un 3,5% che si può raggiungere entro il 2035 e l’1,5% che va slegato dagli investimenti puri nella difesa”, ha spiegato il ministro, indicando che quest’ultimo target “può essere utilizzato in modo duale, in spese che vengano certificate dalla Nato” come “quelle spaziali e a quelle delle infrastrutture o ad altre”, in modo che “abbiano una ricaduta per tutto il sistema economico di un Paese”.
La proposta di Roma: considerare il Ponte sullo Stretto una spesa per la Difesa
“Nelle infrastrutture, com’è noto – ha spiegato Crosetto -, c’è anche la mobilità: la Nato considera la mobilità strategica, e la mobilità strategica è anche un’autostrada o un ponte”. Come il Ponte sullo Stretto che, suggerisce il collega agli Esteri, Antonio Tajani, può essere considerato una spesa per la difesa.
“Non so se” la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità per escludere dai vincoli Ue la spesa per la difesa “sarà attivata o meno: non penso che Giorgetti abbia deciso definitivamente per il sì o per il no, anche perché auspicava un cambio delle regole”, ha spiegato poi Crosetto.
Il ministro della Difesa nega ci sia un problema Salvini sull’aumento delle spese militari
Che ha negato che sul dossier della difesa e delle spese militari ci sia “un problema Salvini”. “Penso che non ci sia nessuno in Italia che pensa di poter uscire dalla Nato o dall’Europa in un momento come questo”, ha detto il ministro. Sebbene la Lega di Matteo Salvini scongiuri scostamenti di bilancio e debiti per finanziare il rafforzamento della difesa.
Il M5S dice no al target Nato del 5%
Rutte chiede di portare la spesa militare al 5% del Pil, “ma secondo me è una follia. Nel 2014 fu presa la decisione di portarla al 2% anche se una becera polemica attribuisce la decisione al sottoscritto. Davvero pensiamo che abbiamo bisogno di questo per garantirci la sicurezza nei prossimi anni? Se non rilanciamo la diplomazia e la politica non avremo nessuna pace e nessuna sicurezza”, ha affermato il leader del M5S, Giuseppe Conte.