Gli Stati Uniti blindano le frontiere: il Pentagono estende le zone militarizzate al confine con il Messico

Gli Stati Uniti blindano le frontiere: il Pentagono estende le zone militarizzate al confine con il Messico

Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato una nuova e significativa espansione delle zone militarizzate lungo il confine con il Messico. La misura, che rientra in un più ampio piano di controllo dei flussi migratori irregolari, porterà le aree sottoposte a vigilanza militare a coprire quasi un terzo dell’intera frontiera tra i due Paesi.

La novità principale riguarda l’istituzione di una nuova “zona di sicurezza” nella Rio Grande Valley, in Texas: circa 400 chilometri di territorio che si aggiungono ai 370 chilometri già sorvegliati dalle forze armate tra Fort Hancock, El Paso e i ranch del New Mexico. Come riportato dall’agenzia Associated Press, un’ulteriore espansione è prevista nei pressi di Yuma, in Arizona, a ridosso di una delle aree più battute dai flussi migratori degli ultimi anni.

Al momento sono oltre 7.600 i soldati impegnati in queste operazioni, con il compito non solo di pattugliare i confini, ma anche – fatto che suscita ampie polemiche – di effettuare arresti nei confronti di migranti entrati irregolarmente nel Paese. Una funzione che solleva forti dubbi giuridici, in quanto si avvicina a compiti di polizia civile, storicamente riservati ad agenzie federali come la Border Patrol.

Gli Stati Uniti blindano le frontiere: il Pentagono estende le zone militarizzate al confine con il Messico

La possibilità di impiegare l’esercito in queste attività è garantita dallo stato di emergenza nazionale dichiarato nel 2017 dall’allora presidente Donald Trump, e mai revocato. Tale emergenza consente al Pentagono di aggirare il Posse Comitatus Act, la legge federale che vieta l’uso delle forze armate in operazioni di ordine pubblico all’interno del territorio nazionale.

Ma la decisione non è priva di conseguenze. Le principali organizzazioni per i diritti umani, come l’American Civil Liberties Union (ACLU), hanno duramente criticato l’espansione delle zone militarizzate, denunciando violazioni sistematiche dei diritti dei migranti, arresti sommari e un clima di crescente militarizzazione nelle comunità di confine. Preoccupazioni arrivano anche dal fronte ambientalista: diverse associazioni hanno segnalato restrizioni all’accesso a terre pubbliche, interruzione dei corridoi ecologici e impatti negativi su flora e fauna locali.

Il governo Biden, pur non avendo formalmente revocato lo stato di emergenza, ha più volte dichiarato di voler gestire la questione migratoria con un approccio “più umano e sistemico”. Tuttavia, la pressione politica interna – specialmente in vista delle presidenziali del 2026 – e l’aumento dei flussi dal Centro e Sud America sembrano aver spinto l’amministrazione a mantenere, e anzi rafforzare, la linea dura al confine meridionale.

Resta da capire quali saranno gli effetti a lungo termine di questa militarizzazione estesa, tanto sulle comunità locali quanto sull’immagine internazionale degli Stati Uniti.