Francesca Albanese è sotto sanzioni Usa per aver difeso i diritti umani del popolo palestinese, ma le autorità italiane tacciono, neppure una parola a sua tutela. Questo stride.
Eddy Bonura
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Gentile lettrice, molte cose stridono. La prima è che le sanzioni all’Albanese (in sostanza il divieto di mettere piede in America) cadono più o meno nello stesso momento in cui gli Usa tolgono le sanzioni al dittatore siriano Al Sharaa (prima detto Al Jolani), capo dei tagliagole di Al Qaeda, quelli che in Occidente erano definiti “ribelli moderati” (come dire Jack lo Squartatore Cortese). Il secondo stridore viene da Roma: neppure una sillaba dal governo e dal Colle a tutela dell’unica italiana nel mondo sottoposta a sanzioni. È una vergogna. Altro che sovranisti. L’anno scorso l’Italia ottenne l’estradizione di Chico Forti e la premier Meloni andò a Fiumicino ad accoglierlo come un eroe dei due mondi: un assassino condannato per omicidio. La stessa Meloni però non ha speso una parola per una giurista distintasi nel mondo, orgoglio nazionale, autrice di studi che l’Onu ha definito “l’architettura dei diritti umani”, candidata al Nobel per la Pace. Abbandonata come una criminale a causa delle sue opinioni. L’anno scorso, quando Maurizio Molinari fu contestato all’ateneo di Napoli per le sue posizioni filoisraeliane, Mattarella difese il diritto di libertà d’opinione. Ma per l’Albanese questo diritto non vale? Figli e figliastri? L’ex ministro Paolo Ferrero di Rifondazione comunista ha scritto una lettera aperta che inizia così: “Presidente Mattarella, mi vergogno di lei”. Credo che molti la condividano.