Era uno dei cavalli di battaglia della Lega: il sistema delle quote per le pensioni anticipate è sempre stata una delle bandierine di Matteo Salvini. Ma ora rischia di scomparire, cancellata dallo stesso governo di cui il leader del Carroccio è vicepresidente del Consiglio. Il cantiere della manovra si sta già aprendo, con il governo che discute proprio di pensioni.
Per ora nulla di ufficiale, ma solo indiscrezioni in vista dell’incontro con le parti sociali previsto a settembre. Però qualche anticipazione già emerge, come il possibile addio alla Quota 103 (ormai fallimentare con pochissime adesioni a causa delle restrizioni imposte proprio da questo governo) e a tutto il sistema delle quote. Ma a rischio è anche l’Opzione donna, altra misura impoverita dal governo Meloni.
Come cambiano le pensioni, verso la cancellazione di Quota 103
Tra le misure allo studio dell’esecutivo non ci sono solo cancellazioni e rimodulazioni, ma anche l’annunciato stop – dal 2027 – all’aumento di tre mesi dei requisiti per il pensionamento. La situazione resterebbe, anche nel 2027-2028, come quella attuale, senza un inasprimento delle condizioni che è invece previsto in seguito alla crescita della speranza di vita.
Come detto, comunque, la prima novità sostanziale sarebbe l’addio a Quota 103, ovvero il pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 41 di contributi versati. La misura ha ormai poco successo e adesioni, soprattutto per le penalizzazioni introdotte dalle ultime manovre. In pratica vorrebbe dire mettere fine al sistema delle quote che esiste ormai da anni e tanto caro alla Lega.
Un’altra cancellazione possibile è quella di Opzione donna, una misura che già oggi è praticamente inesistente considerando i tantissimi paletti che impediscono alle lavoratrici di accedere. Su questo punto ancora nessuna decisione è stata presa, ma una cancellazione sembra più difficile per questa misura che è legata al nodo delle lavoratrici con carriere discontinue per aver avuto figli.
Come si andrà in pensione anticipata dal 2026: l’ipotesi
L’ipotesi al momento allo studio del governo è quella di rafforzare l’uscita per chi ha iniziato a lavorare entro il 1996 e rientra in un sistema interamente contributivo. Oggi è prevista la pensione anticipata per chi ha almeno 64 anni e 25 di contributi, che diventeranno 30 nel 2030. Inoltre è necessario avere un assegno che è tre volte la pensione minima, quindi per un totale di almeno 1.616 euro mensili.
L’idea dell’esecutivo è di estendere questa formula anche ai lavoratori misti, quelli che hanno sia il conteggio retributivo che contributivo. Quest’anno, inoltre, è già stato aggiunto nel calcolo della sogna minima anche quanto raccolto attraverso i fondi pensione. Ora l’idea è di far utilizzare anche la parte del Tfr versata dalle imprese che non viene destinata alla previdenza complementare.