Che la navigazione della Flotilla per Gaza fosse complicata non c’erano dubbi; quello che nessuno poteva aspettarsi, però, era che qualcuno arrivasse addirittura a pensare di attaccare una delle imbarcazioni umanitarie. È quanto sarebbe successo, stando al racconto degli attivisti, ieri, quando la missione internazionale partita dall’Europa con l’obiettivo di rompere l’assedio israeliano e consegnare aiuti umanitari alla Striscia di Gaza è finita al centro di un giallo internazionale.
La nave Family Boat – ossia l’imbarcazione principale del convoglio battente bandiera portoghese – è stata gravemente danneggiata da un incendio mentre si trovava ancorata a Sidi Bou Said, in Tunisia. A causare il rogo, sempre secondo gli attivisti pro-Palestina della Global Sumud Flotilla, sarebbe stato un attacco con un drone ignoto. Accuse pesanti, accompagnate da un video ripreso dalle telecamere di bordo, diffuso sui social network e divenuto immediatamente virale, in cui si vede un lampo e il successivo divampare delle fiamme.
Nei filmati alcuni passeggeri gridano “incendio, incendio!”, mentre altri parlano esplicitamente di un colpo ricevuto dall’alto.
La smentita di Tunisi
Alle parole degli attivisti hanno risposto le autorità tunisine, che hanno escluso la presenza di droni nello spazio aereo locale. La Guardia nazionale ha riferito che, secondo i primi accertamenti, l’incendio si sarebbe sviluppato all’interno di un deposito di giubbotti di salvataggio, probabilmente a causa di una sigaretta.
“Non è stato rilevato alcun drone”, ha ribadito il portavoce Houcem Eddine Jebabli. Sul posto è intervenuta anche l’AFP, che ha confermato come l’imbarcazione fosse circondata da altre navi e non mostrasse più segni visibili di fiamme.
Danni a bordo
La Family Boat – nota anche come Familia Madeira – trasporta il comitato direttivo della missione e, secondo gli organizzatori, ha subito danni al ponte principale e ai locali sottocoperta. Fortunatamente tutti i passeggeri, compresa l’attivista svedese Greta Thunberg, sono rimasti illesi. “La nostra missione umanitaria non si fermerà e non sarà influenzata da alcuna minaccia. La Tunisia è un Paese sovrano e rifiutiamo qualsiasi assalto al suo territorio”, ha dichiarato l’attivista brasiliano Thiago Avila davanti a una folla radunata al porto turistico di Tunisi.
Nonostante l’incidente e le versioni contrastanti, la Global Sumud Flotilla ha confermato la partenza del convoglio da Tunisi. La spedizione, che raccoglie rappresentanti da 44 Paesi, punta a congiungersi in mare con altre imbarcazioni dirette verso Gaza. “Atti di intimidazione non fermeranno la missione – hanno dichiarato gli organizzatori –: la nostra iniziativa pacifica per rompere l’assedio a Gaza continua con determinazione e fermezza”.
Le reazioni in Italia
L’episodio, definito deprecabile e sconcertante, ha immediatamente infiammato anche il dibattito politico, nazionale e internazionale. “L’attacco alla missione Flotilla è gravissimo. Israele sta usando la fame come strumento di guerra e l’Italia deve smettere di finanziare il genocidio dei palestinesi attraverso l’acquisto di armi israeliane”, ha affermato Francesco Silvestri, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Esteri. Duro anche il leader M5S, Giuseppe Conte, secondo cui “siamo al paradosso: cittadini impegnati in un progetto umanitario contro il genocidio a Gaza trattati come terroristi, mentre il governo criminale di Netanyahu è accolto da alleato con tutti gli onori, senza alcuna misura concreta”. A suo dire sono necessari “accertamenti e azioni forti, concrete. Meloni ci ha messo dalla parte sbagliata della storia”.
Sulla stessa linea la capogruppo Avs, Luana Zanella, che ha dichiarato: “A nome del gruppo di Avs chiedo al governo, meglio se attraverso la presidente Meloni, di venire in Aula a chiarire la posizione dell’esecutivo e assicurare copertura diplomatica ai volontari della Flotilla”.
Per conto del governo a parlare è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha dichiarato che quella della Flotilla è “un’operazione a rischio” e che sentirà al più presto il ministro israeliano Sa’ar per avere informazioni sull’accaduto e per chiedere che siano rispettati i diritti degli attivisti.