La Sveglia

Global Sumud Flotilla, diario di bordo #16

La Commissione indipendente delle Nazioni Unite ha accusato Israele di genocidio a Gaza, un atto che porta con sé il peso della storia e la forza della parola più estrema che l’umanità si sia data per descrivere l’annientamento di un popolo. Ma non sono le parole a contare: sono i corpi, le vite, le famiglie cancellate. Nella notte più lunga a Gaza City i bombardamenti hanno colpito senza tregua. Fonti locali parlano di almeno 45 morti dall’alba, tra cui bambini e donne. L’Idf ha confermato di controllare già il 40% della città, dopo avere colpito 850 obiettivi in una settimana. La Commissione Onu avverte che 640mila persone sono a rischio carestia entro fine mese.

Le voci da Gaza parlano di un inferno senza tregua: raid aerei, blindati telecomandati fatti esplodere nelle strade, ospedali ridotti al silenzio dai blackout, interi quartieri spazzati via. È la distruzione di una città e, con essa, la distruzione di chi la abitava.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha scelto di reagire accusando l’atto dell’Onu: «scorretto e grave». È il solito governo che protegge le relazioni con Israele più che le vite civili palestinesi. Una posizione che riduce la denuncia internazionale a un’offesa da respingere, mentre sotto le macerie di Gaza si consuma il crimine di cui parla l’Onu.

Intanto, la Global Sumud Flotilla ha superato le acque territoriali ed è entrata in acque internazionali. Le barche continuano la rotta con a bordo viveri e medicinali, cittadini comuni che hanno deciso di rompere l’assedio e di portare la loro presenza come denuncia.

Davvero c’è ancora qualcuno che si domanda perché serva la Global Sumud Flotilla?