Almasri, manovre in Giunta per “scudare” la capa di gabinetto di Nordio. E Piantedosi paragona il caso del generale libico a quello di Cecilia Sala

Governo e maggioranza al lavoro per "salvare" la collaboratrice di Nordio. Intanto è polemica su Piantedosi per il paragone Almasri-Sala

Almasri, manovre in Giunta per “scudare” la capa di gabinetto di Nordio. E Piantedosi paragona il caso del generale libico a quello di Cecilia Sala

Salvare la capa di Gabinetto del ministro Carlo Nordio, Giusi Bartolozzi, indagata per false dichiarazioni ai pm sul caso Almasri, garantendole uno scudo legale. È l’obiettivo al quale ieri governo e maggioranza hanno lavorato sodo in sede di Giunta per le autorizzazioni, riunita per esaminare la memoria difensiva congiunta del governo sul caso del generale libico accusato di crimini contro l’umanità e ricercato dalla Corte penale internazionale, rilasciato dall’Italia e rispedito con un aereo di stato in Libia.

Obiettivo: scudare Bartolozzi

E che il governo sia pronto a fare di tutto per tutto per salvare Bartolozzi lo ha detto ieri lo stesso Nordio: “La connessione tra quanto fatto dal ministro e quanto fatto da lei è evidente”, ha dichiarato. La scelta del governo è stata quella di obbligare la Giunta a richiedere al Tribunale dei ministri l’acquisizione degli atti su Bartolozzi, primo passaggio per arrivare poi a sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti della Procura di Roma presso la Corte Costituzionale.

L’obiettivo è riuscire a ottenere che l’inchiesta sulla capa di gabinetto sia trattata non con procedura ordinaria, ma venga affidata al Tribunale dei ministri, come quelle sui ministri Nordio, Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, perché il reato ipotizzato sarebbe da considerare “connesso” a quello contestato agli uomini del governo. E se così accadesse, anche Bartolozzi si salverebbe grazie al voto in aula previsto per ottobre (mentre la Giunta voterà il 30 settembre).

Bonelli: “Almasri è il Watergate italiano”

“Le dichiarazioni del ministro Nordio sono di una gravità senza precedenti”, attacca l’Avs Angelo Bonelli, “Nordio non solo ammette la connessione, ma di fatto trascina Bartolozzi dentro il procedimento davanti alla Giunta per le autorizzazioni dei ministri, cercando così di garantirle l’immunità politica. Siamo di fronte a un vero e proprio Watergate italiano: un governo che ha liberato un trafficante di esseri umani e stupratore di minori, che ha occultato le proprie responsabilità e che ora tenta di blindarsi con manovre parlamentari”, aggiunge.

Almasri come Cecilia Sala

Ma ieri, a dare fuoco alle polemiche ci ha pensato anche il ministro Piantedosi con un’infelice dichiarazione a Coffee Break su La7. Ricostruendo quanto accaduto in quel concitato weekend (e si tratta dell’ennesima versione data dal ministro), Piantedosi ha affermato che la scarcerazione del generale libico non fu frutto di un ricatto, ma arrivò dopo una valutazione su cosa sarebbe potuto succedere dopo il rilascio del generale. In particolare, la preoccupazione era che ci potesse essere “una ritorsione in qualche modo nei confronti di interessi italiani, soprattutto di cittadini italiani in Libia”.

Ma ciò che ha scatenato le proteste delle opposizioni è quanto ha aggiunto dopo: “E’ la stessa riflessione che ha alimentato la decisione che fu presa qualche tempo prima sul caso di Cecilia Sala”. Il riferimento è alla giornalista italiana trattenuta illegalmente in Iran e liberata dopo uno scambio con l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato in Italia perché accusato dagli Stati Uniti di cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica.

“Non capisco perché in quell’occasione tutta l’Italia fu unanimemente concorde sulla bontà dell’iniziativa presa”, ha detto Piantedosi, “anche in quel caso si trattava, di fronte a un’iniziativa giudiziaria di carattere internazionale, di restituire una persona all’Iran, non certo un Paese alleato dell’Italia o dell’Occidente, una persona che era accusata di reati molto gravi. Anche quello fu in qualche modo restituito con le stesse dinamiche e gli stessi meccanismi”.

“Noi mettiamo sullo stesso piano Almasri non con Cecilia Sala, ma con Abedini”, ha sottolineato il ministro, “Cittadini italiani si potevano trovare nella stessa condizione di Cecilia Sala in Libia. Quindi non capisco perché’ ci sia stata questa netta divaricazione tra il plauso unanime sul caso di Cecilia Sala e la difficoltà a farci comprendere che cosa c’era dietro la vicenda Almasri”.

Per il Pd sono “due casi non paragonabili”

“Il riferimento è del tutto fuori luogo: parliamo infatti di una vicenda che nulla aveva a che vedere con la Corte penale internazionale e che non è in alcun modo paragonabile al caso del torturatore Almastri”, ha commentto la dem Antonella Forattini. “Ancora una volta il ministro cerca di trovare giustificazioni al ricatto al quale il governo ha deciso di cedere – prosegue l’esponente Pd -. Cambiare continuamente le carte in tavola, rendere sempre più confusa e opaca la ricostruzione dei fatti e costruire una verità a posteriori e su misura per coprire un atto grave che ha fatto perdere credibilità al Paese”.