La Sveglia

Global Sumud Flotilla, diario di bordo #23

Il comunicato diffuso il 23 settembre dalla Global Sumud Flotilla risponde all’ennesimo tentativo di Israele di piegare il diritto internazionale ai propri interessi. La richiesta di “attraccare e trasferire” gli aiuti umanitari al porto di Ashkelon non è una misura logistica, ma parte integrante del blocco illegale. Amnesty e Human Rights Watch hanno condannato pratiche simili come violazioni del diritto umanitario e strumenti per ritardare e negare l’assistenza. Parlare di “sicurezza” è un pretesto per esercitare controllo e trasformare soccorsi civili in merce di scambio. Etichettare la flotta come minaccia significa legittimare l’uso della forza contro chi porta aiuti.

Mentre Israele fabbrica cavilli, Gaza continua a contare i morti. Nella notte almeno 37 persone sono state uccise nei raid, altre 17 all’alba, e dodici strutture dell’Unrwa sono state colpite a Gaza City. Gli ospedali senza carburante parlano di “morte certa”. Numeri che non sono statistiche ma volti cancellati: bambini, donne, uomini privati di acqua, cure, cibo. E mentre a Roma si tace, a Madrid il premier Sanchez chiede all’Onu misure immediate per proteggere i civili palestinesi, dimostrando che la responsabilità politica non è un optional.

In Italia la voce resta quella delle piazze: 20mila a Padova, migliaia ad Ancona, Milano, Bergamo. Una società civile che ricorda al governo che il silenzio è complicità. La flottiglia naviga, e a terra una rete di mani tiene la rotta. La ciurma di terra protegge. Ricordarselo sempre. Gli occhi sono su Gaza.