Maxi operazione dei carabinieri: smantellata associazione a delinquere per traffico di droga, 18 arresti nel Salento tra cui il nipote di uno storico capo clan della Sacra Corona Unita

L'antimafia di Lecce ha portato all’arresto di 18 persone. Tra loro anche il nipote di uno storico capo clan della Sacra Corona Unita

Maxi operazione dei carabinieri: smantellata associazione a delinquere per traffico di droga, 18 arresti nel Salento tra cui il nipote di uno storico capo clan della Sacra Corona Unita

Una maxi operazione dei carabinieri ha colpito al cuore un’organizzazione criminale radicata a Lecce, nel Salento. Diciotto persone sono finite in carcere nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Lecce, con accuse che vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti alla detenzione abusiva di armi, passando per lesioni aggravate, tentata estorsione e ricettazione. Il tutto con l’aggravante del metodo mafioso.

Al vertice il nipote di un boss storico

Secondo gli inquirenti, a guidare la presunta associazione c’era Vito Paolo Vacca, 31 anni, di Racale, arrestato insieme agli altri indagati. Vacca è nipote di Vito Paolo Troisi, storico capo dell’omonimo clan, ed è ritenuto dagli investigatori l’erede naturale di quella frangia della Sacra Corona Unita attiva negli anni ’90.

Dopo la morte del padre Salvatore, ergastolano per omicidio deceduto nell’agosto 2024 mentre si trovava ai domiciliari per gravi patologie, Vacca avrebbe assunto la leadership del gruppo. I funerali del padre, celebrati con un corteo funebre spettacolare — carrozza dorata e cavalli neri per le strade di Racale — furono già allora considerati un segnale di forza e radicamento del clan sul territorio.

Il ruolo delle donne nella gestione dello spaccio

Un aspetto centrale emerso dalle indagini riguarda il ruolo delle donne della famiglia Vacca. Sei di loro sono state arrestate, accusate di occuparsi dello spaccio e dello stoccaggio della droga, garantendo approvvigionamenti, consegne e contabilità.

In particolare, la moglie di Vacca avrebbe sostituito il marito nelle sue assenze, curando in prima persona la distribuzione delle dosi e la gestione dei proventi illeciti. La droga — chiamata in codice “cento” o “pietre” — veniva nascosta in buste della spesa o in cartoni di vino e detersivi, recuperata più volte al giorno da nascondigli sicuri per sfuggire ai controlli.

L’operazione “Pit Bull”

L’operazione, battezzata “Pit Bull”, prende il nome dai cani di grossa taglia che custodivano l’abitazione di uno degli indagati e che, durante un primo intervento, aggredirono i carabinieri.

L’indagine ha consentito di documentare l’intera filiera criminale: dal reperimento della sostanza stupefacente allo spaccio capillare, fino alla gestione dei proventi, con un’organizzazione strutturata in grado di operare sul territorio con metodi tipicamente mafiosi.