La Global Sumud Flotilla continua il suo avvicinamento alle coste della Striscia di Gaza, mentre sale la tensione in mare aperto per un possibile abbordaggio da parte della marina israeliana. Secondo quanto riferiscono gli attivisti a bordo, le imbarcazioni sono state oggetto di manovre intimidatorie e tentativi di isolamento nelle comunicazioni, ma restano determinate a portare a destinazione i carichi di cibo e medicinali destinati alla popolazione palestinese.
Thiago Avila, uno dei partecipanti, ha parlato di “attacchi intimidatori” che avrebbero incluso elementi di guerra psicologica e cyber attacchi contro le navi Alma e Sirius. Durante una conferenza stampa in diretta social, l’attivista Hazami Barmada ha spiegato che le navi da guerra israeliane avrebbero “aggirato aggressivamente imbarcazioni civili costringendo i capitani a brusche manovre evasive”.
La Flotilla non si arrende
Nonostante i rischi, la Flotilla “prosegue la sua rotta con determinazione”, si legge in un comunicato. “Trasportiamo beni di prima necessità per Gaza e non ci fermeremo”, affermano gli organizzatori.
David Adler, co-coordinatore di Progressive International e tra i membri della spedizione, ha dichiarato su X che gli attivisti “si stanno preparando a un possibile abbordaggio illegale da parte di Israele in acque internazionali”. Adler ha chiarito che, in caso di attacco, non ci sarà resistenza fisica: “Siamo pronti, conosciamo i protocolli. Non opporremo resistenza”.
Secondo Maria Elena Delia, portavoce italiana del Global Movement to Gaza, il contatto con le unità israeliane potrebbe avvenire “nelle prossime ore”. Israele, secondo fonti riportate da Channel 12, avvertirà con altoparlanti chiedendo alle navi di invertire la rotta. In caso di rifiuto, scatterà il fermo: gli attivisti saranno trasferiti in Israele ed espulsi, o arrestati per ingresso illegale. Parte delle navi potrebbe essere confiscata o affondata.
Pericolo in mare
Da bordo della Grande Blu, una delle imbarcazioni italiane, gli attivisti hanno raccontato di aver incrociato due navi, “quasi sicuramente israeliane”, che si sono poi allontanate.
La missione umanitaria ha ricevuto il sostegno della relatrice speciale Onu Francesca Albanese, che ha espresso “ammirazione per il coraggio dei partecipanti”, sottolineando che la Flotilla opera “nella piena legalità”, mentre “l’occupazione di Gaza dura da oltre 70 anni”. Albanese ha invitato i governi a garantire la sicurezza dei civili a bordo.
Ma Israele ribadisce la sua posizione. L’ambasciatore a Roma, Jonathan Peled, ha accusato la Flotilla di voler “provocare un incidente” e non di agire per fini umanitari. Peled ha ricordato che la missione ha rifiutato tutte le soluzioni alternative, tra cui la consegna degli aiuti a Cipro sotto la gestione del Patriarcato Latino di Gerusalemme o l’attracco ad Ashkelon per un trasferimento controllato. “La Flotilla – ha dichiarato – si assume la piena responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni”.
Situazione esplosiva
Il contesto resta altamente delicato. In passato le missioni navali dirette a Gaza hanno portato a episodi di forte tensione e scontri, come nel 2010 con la “Freedom Flotilla”, quando l’abbordaggio israeliano alla nave turca Mavi Marmara provocò vittime e un’ondata di condanne internazionali.
Ora, con oltre 40 imbarcazioni civili in mare e attivisti provenienti da decine di Paesi, il rischio di un nuovo incidente internazionale è concreto. Da una parte la determinazione degli attivisti a consegnare aiuti direttamente a Gaza, dall’altra la volontà di Israele di mantenere il blocco navale. Nelle prossime ore si capirà se il contatto fra le due parti avverrà pacificamente o sfocerà in un nuovo fronte di crisi.
In aggiornamento