Non bastava la mazzata imposta da Donald Trump con i dazi al 15%. Per le imprese italiane il rischio è quello di un’altra stangata, persino più rilevante da un punto di vista simbolico, andando a colpire il prodotto per eccellenza del Made in Italy: la pasta. Dagli Stati Uniti, che il governo di Giorgia Meloni continua a difendere nel tentativo di compiacere Trump, potrebbe arrivare un’altra batosta per le imprese. La speranza è che contro i dazi al 107% sulla pasta intervenga anche la Commissione Ue, che ha già affermato di essere in stretto coordinamento con il governo italiano e sta “collaborando con gli Stati Uniti su questa indagine e interverrà se necessario”, come spiega Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario.
Dazi alle stelle sulla pasta: rischio rincari anche in Italia
L’ipotesi è quella di dazi al 91,74% sulla pasta italiana per un presunto caso di dumping. A cui aggiungere il 15% delle tariffe fissate da Usa e Ue, per un totale del 107%. Questi dazi non rientrano nell’accordo tra Washington e Bruxelles del 15%, riguardando un’inchiesta anti-dumping che nulla ha a che fare con l’intesa sulle tariffe. Secondo quanto spiegato da Cosimo Rummo a Radiocor, si pagherà dal 2026, ma anche per il 2025. Queste tariffe nascono da un’indagine iniziata nell’agosto del 2024 su due marchi: La Molisana e Garofalo.
Sono accusati di aver praticato un margine di dumping medio del 91,74%. Ma le tariffe verranno estese anche ad altre 17 aziende. In generale, il problema lo spiega Margherita Mastromauro, presidente Pastai italiani di Unione italiana food, in un’intervista ad Adnkronos/Labilitalia: “Il mercato statunitense rappresenta il secondo mercato mondiale per l’importazione di pasta italiana con un valore, nel 2024, di circa 700 milioni di euro, pari a circa il 10% delle esportazioni globali del nostro prodotto”.
C’è poi un altro problema, sottolineato dal Codacons: “Qualsiasi tassazione avrebbe effetti a cascata sul settore”. Tanto più in Italia, dove il consumo pro capite è di 23,3 kg annui. E ad aumentare potrebbero essere anche i costi per i cittadini italiani, perché la tassazione del 107% potrebbe “produrre un effetto domino sul comparto”. Per Coldiretti sarebbe un “colpo mortale” per le imprese e con il rischio di favorire l’Italian sounding.