Sono iniziati ieri a Sharm el-Sheik i negoziati sul piano di pace promosso dal presidente degli Stati uniti Donald Trump che punta a un cessate il fuoco a Gaza e al rilascio degli ostaggi. A guidare la delegazione di Hamas, arrivata domenica in Egitto, Khalil al Hayya, capo del movimento a Gaza e figura di primo piano nell’ala politica, alla sua prima visita in Egitto dopo essere sopravvissuto a un attacco israeliano a Doha il mese scorso. La squadra israeliana è guidata dal ministro degli Affari strategici Ron Dermer. Con lui, il consigliere del premier Benjamin Netanyahu per la politica estera, Ophir Falk, il coordinatore degli ostaggi Gal Hirsch, il vicecapo dello Shin Bet e il generale Nitzan Aluf.
Trump: “I negoziati avanzano rapidamente”
E in Egitto sono arrivati anche l’inviato americano Steve Witkoff e il genero di Trump, Jared Kushner. E parteciperanno ai colloqui i mediatori di Egitto e Qatar. Secondo il segretario di Stato americano Marco Rubio, “i prossimi giorni saranno decisivi” per verificare se Hamas intenda negoziare seriamente. “Capiremo molto rapidamente dalle discussioni tecniche se il movimento è pronto a collaborare”, ha dichiarato Rubio, che ha definito la liberazione dei 48 ostaggi ancora detenuti a Gaza – di cui 20 in vita – “la priorità assoluta”. Trump, in un messaggio diffuso domenica sui social, aveva invece affermato che i negoziati “stanno avanzando rapidamente” e che “la prima fase dovrebbe essere completata entro la settimana”.
I messaggi fatti trapelare da entrambe le parti vanno in direzione di “negoziati brevi e mirati” che portino alla liberazione degli ostaggi a giorni. Almeno questa la volontà dichiarata che si scontra però con difficoltà pratiche e politiche.
Cosa vuole Hamas
Hamas ha iniziato a radunare i rapiti e a localizzare i corpi dei morti, ma non sarà facile vista la distruzione provocata da Israele a Gaza, sottolineano i media israeliani. Secondo al Arabiya, Hamas è disposta a consegnare le armi a un organismo egiziano-palestinese sotto la supervisione internazionale, i comandanti lasceranno Gaza dietro garanzia americana che Israele non cercherà di eliminarli. Al Haya avrebbe avuto mandato di condurre negoziati paralleli con i mediatori e una delegazione dell’Autorità palestinese, per impedire l’istituzione di un governo internazionale di transizione che non sia solo palestinese. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, da giorni lancia segnali di apertura promettendo una Costituzione provvisoria entro tre mesi ed elezioni entro un anno, cui Hamas potrà partecipare solo se accetterà le posizioni dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina che riconosce Israele.
Ma Trump non ammette alcun ruolo per il movimento islamista
Ma sul ruolo che Hamas potrebbe avere nel futuro di Gaza il piano Trump è chiaro: nessuno. Hamas poi chiede il ritiro dell’Idf dai centri abitati il rilascio dei detenuti palestinesi in base all’anzianità e all’età, garanzie che includeranno un calendario per un ritiro completo. E nella lista non potranno mancare sei nomi di peso: Marwan Barghouti, Ahmed Sadat, Abdullah Barghouti, Ibrahim Hamed, Abbas al Sayed e Hassan Salameh. Per loro il Movimento è pronto a battersi “fino a fare esplodere l’accordo”, ha assicurato l’emittente israeliana Canale 12.
E ieri sul piano Trump è intervenuto anche il segretario di stato vaticano, il card. Pietro Parolin, per il quale “qualunque piano che coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro e permetta di finire questa strage, liberando gli ostaggi e fermando l’uccisione quotidiana di centinaia di persone, è da accogliere e sostenere”.
Intanto, secondo un’inchiesta della Cbs, i droni che l’8 e 9 settembre scorso hanno attaccato le due navi della Flotilla, Alma e Family nelle acque tunisine e greche, sarebbero partiti da un sottomarino israeliano con la diretta approvazione del primo ministro Netanyahu. A rivelarlo, fonti dell’intelligence Usa che ancora non ha smentito.