Seconda giornata di negoziati in Egitto sul piano Trump. L’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff, e il genero del presidente Jared Kushner si uniranno oggi ai colloqui su Gaza. Intanto Hamas apre al disarmo ma rifiuta di affidare la gestione della Striscia a un board internazionale guidato da Blair.
Le condizioni di Hamas
Hamas avrebbe “accettato di consegnare le sue armi a un comitato egiziano-palestinese, rifiutando categoricamente di affidare la gestione della Striscia di Gaza a un comitato di transizione internazionale”, ha scritto l’agenzia Efe dal Cairo, citando una fonte palestinese informata.
Hamas “propone di negoziare la gestione di Gaza con l’Autorità Nazionale Palestinese” e “rifiuta la presenza di Tony Blair come governatore di Gaza”, pur “accettando che assuma un ruolo di monitoraggio a distanza”. Il gruppo palestinese, ha aggiunto la Efe, “ha proposto che una delegazione di Hamas, guidata dal suo capo negoziatore Jalil al-Hayya gestisca i negoziati con Israele tramite mediatori, mentre un’altra negozi con l’Anp per affidare l’amministrazione della Striscia a un comitato amministrativo affiliato al governo palestinese”.
La fonte ha aggiunto che “Hamas ha chiesto un cessate il fuoco per recuperare gli ostaggi israeliani, la cui liberazione avverrebbe entro una settimana”.
Trump fiducioso, possibilità di chiudere entro il fine settimana
Trump vede una “reale possibilità” di raggiungere un accordo di pace a Gaza in questo momento. E ha inviato una lettera alle famiglie degli ostaggi in cui comunica di essere “deciso a riportare a casa tutti gli ostaggi e ad assicurare la totale distruzione di Hamas, affinché questi atti orribili non si ripetano mai più”.
Trump ha assicurato che una volta che l’accordo su Gaza sarà raggiunto, sarà fatto tutto il possibile per garantire che tutti lo rispettino. E secondo i media dello Stato ebraico, l’intesa potrebbe essere firmata entro il week-end, aprendo la strada al ritorno a casa degli ostaggi all’inizio della prossima settimana.
“Siamo venuti a Sharm el-Sheikh per condurre negoziati seri e responsabili per porre fine alla guerra contro il nostro popolo a Gaza”, ha affermato a ‘Cairo News’ il capo della delegazione di Hamas.
Gli ostacoli al negoziato
Ci sono almeno tre questioni che vanno sciolte. Ovvero le modalità di restituzione degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas e alla Jihad islamica, il disarmo di Hamas e i tempi del ritiro dell’esercito israeliano da Gaza.
Israele non vuole lasciare il territorio di Gaza in tempi brevi ma vuole controllare l’evoluzione del piano di pace e continuare a garantire la ‘sicurezza’ di Israele fino a quando lo riterrà opportuno. Hamas è di tutt’altro avviso e chiede tempi certi per il ritiro, così come è disponibile a consegnare le armi pesanti ma non quelle leggere ritenute armi di difesa.
Hamas, che ha detto sì in linea di principio a rilasciare tutti gli ostaggi in un’unica soluzione, chiede prima un cessate il fuoco “per recuperare” i rapiti.
Scontro Vaticano-Israele
Il secondo anniversario del 7 ottobre segna intanto un duro scontro tra Israele e Vaticano. Il Papa assume una posizione ferma e dura sull’attacco dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede alle parole del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Pur definendo il Papa preoccupanti gli atti di antisemitismo. “Preferisco non commentare ma il cardinale ha espresso l’opinione della Santa Sede”, ha detto Papa Leone.
“La recente intervista al Cardinale Parolin, sebbene sicuramente ben intenzionata, rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza. Ciò che più preoccupa è l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente”, ha affermato l’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede.
La dura condanna di Parolin della carneficina a Gaza
Nell’intervista rilasciata lunedì ai media vaticani, Parolin aveva parlato di una situazione a Gaza “grave e tragica”, di “una guerra devastante che ha mietuto decine di migliaia di morti”, e aveva anche usato il termine “carneficina”.
“È necessario recuperare il senso della ragione, abbandonare la logica cieca dell’odio e della vendetta, rifiutare la violenza come soluzione. È diritto di chi è attaccato difendersi, ma anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità. Purtroppo, la guerra che ne è scaturita ha avuto conseguenze disastrose e disumane. Mi colpisce e mi affligge il conteggio quotidiano dei morti in Palestina, decine, anzi a volte centinaia al giorno, tantissimi bambini la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati lì: rischiamo di assuefarci a questa carneficina! È inaccettabile e ingiustificabile ridurre le persone umane a mere vittime collaterali”, le parole di Parolin.