Davanti alle telecamere Donald Trump sostiene che Hamas – con i ritardi nella consegna delle salme degli ostaggi deceduti e con le esecuzioni sommarie a Gaza dei suoi oppositori – stia mettendo a repentaglio il cessate il fuoco con Israele, ma nel privato sembrerebbe pensarla diversamente. Questo almeno è quanto riporta il New York Times, secondo cui il presidente americano e numerosi funzionari degli Stati Uniti “temono che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu possa porre fine al cessate il fuoco a Gaza e tornare alla guerra contro Hamas”.
Secondo quanto dichiarano al quotidiano statunitense fonti anonime interne all’amministrazione Trump, proprio a fronte di questo timore il presidente degli Usa, nel tentativo di salvare la tregua, avrebbe inviato il suo vicepresidente J.D. Vance in Israele, dove domani incontrerà il primo ministro del governo di Tel Aviv e il presidente Isaac Herzog. Un faccia a faccia che segue quello preparatorio tenutosi ieri tra Netanyahu, l’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e Jared Kushner, genero del presidente Trump.
Il pressing di Trump su Netanyahu
Stando a quanto trapela dai media americani, Vance vorrebbe convincere Netanyahu a non riprendere le ostilità, facendo leva sulla necessità di concedere ad Hamas il tempo necessario per restituire le salme degli ostaggi deceduti e discutendo al contempo del disarmo dell’organizzazione e della ricostruzione di Gaza.
Proprio in merito ai corpi dei caduti israeliani, il movimento palestinese – attraverso il suo leader politico Khalil al-Hayya – ha nuovamente ribadito la volontà di consegnarli, precisando tuttavia che per farlo saranno necessari “tempo ed equipaggiamenti speciali”.
Continuano le violazioni del cessate il fuoco
A mettere la tregua a rischio restano soprattutto le violazioni dell’accordo di cessate il fuoco commesse da entrambe le parti, che – come nel più classico dei film – si accusano reciprocamente.
Per l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, di questo passo la situazione rischia di sfuggire di mano a causa delle “continue violazioni israeliane dell’accordo di cessate il fuoco”, aggiungendo che “la questione palestinese non è una questione di terrorismo, ma piuttosto una questione di occupazione prolungata”, a cui dovrebbe porre fine il governo Netanyahu.
Parole, quelle di al-Thani, che hanno ricevuto il plauso di Hamas, secondo cui Israele “ha commesso 80 violazioni dell’accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, provocando la morte di 97 persone”. Del resto, Netanyahu non si è nascosto dietro un dito, confermando che soltanto ieri Israele ha sganciato “153 tonnellate di bombe” sulla Striscia di Gaza.
Il nodo del futuro di Gaza e le rivelazioni della rete tv Kan
A complicare ulteriormente le cose resta soprattutto il futuro della Striscia. Sul punto, la tv israeliana Kan, citando funzionari dell’amministrazione Netanyahu, ha rivelato che Hamas starebbe “partecipando in modo riservato, e con il consenso implicito dei mediatori arabi, alla formazione del governo tecnico incaricato di amministrare Gaza nel periodo postbellico”.
Secondo le informazioni riportate dall’emittente di Tel Aviv, il gruppo palestinese avrebbe scelto “circa la metà dei membri del nuovo esecutivo, designando figure considerate vicine o simpatizzanti dell’organizzazione, anche se non direttamente affiliate a essa”. L’altra metà, invece, sarebbe stata selezionata dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), “con la consapevolezza – e la tacita accettazione – che Hamas ha avuto voce in capitolo sulla composizione del governo”.
Di fronte alle rivelazioni della rete Kan, il ministro israeliano e membro del gabinetto politico-sicurezza, Zeev Elkin, ha dichiarato: “Israele non accetterà che membri di Hamas governino Gaza. È una realtà che quasi tutti gli abitanti della Striscia sostengono il movimento, ma non possiamo permettere che i suoi rappresentanti siedano in un governo legittimo”.
Ma non è tutto. Un’ulteriore minaccia alla tregua arriva dal mancato rispetto degli accordi di pace da parte di Israele, che sta limitando l’ingresso degli aiuti umanitari: dall’inizio della tregua, secondo fonti palestinesi, sarebbero entrati nella Striscia “appena 986 camion di aiuti umanitari, rispetto ai 6.600 previsti entro lunedì sera”.
Circostanza, questa, confermata anche da Abeer Etefa, portavoce del World Food Program (Wfp), che ha chiesto a Netanyahu la riapertura immediata di tutti i valichi di frontiera e il via libera all’ingresso dei numerosi tir ancora in attesa di poter entrare nell’enclave palestinese.