Un’inchiesta del Washington Post ha svelato l’esistenza di un rapporto classificato dell’Ispettorato generale del Dipartimento di Stato statunitense. Il documento, redatto poche settimane prima della tregua tra Israele e Hamas, riconosce per la prima volta “molte centinaia” di potenziali violazioni delle leggi sui diritti umani da parte di unità dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Si tratta della prima ammissione ufficiale, all’interno dell’amministrazione americana, che le operazioni israeliane rientrano nell’ambito delle “Leahy Laws” — la normativa federale che vieta il sostegno militare statunitense a unità straniere coinvolte in abusi gravi come torture, esecuzioni extragiudiziali o altre atrocità.
Secondo due funzionari statunitensi che hanno confermato i contenuti del rapporto, il Dipartimento impiegherà “anni” per esaminare la mole di episodi segnalati. Un arco di tempo sufficiente, osserva l’ex direttore dell’ufficio per i diritti umani Charles Blaha, «perché la memoria dell’opinione pubblica si dissolva mentre l’impunità si consolida».
Una legge disattesa
La Leahy Law, approvata nel 1997 dal senatore democratico Patrick Leahy, prevede il blocco automatico degli aiuti militari statunitensi ai reparti stranieri coinvolti in violazioni documentate. Israele riceve da Washington almeno 3,8 miliardi di dollari l’anno, cui si aggiungono finanziamenti straordinari per decine di miliardi nel biennio successivo al 7 ottobre 2023. La guerra condotta da Tel Aviv, che ha provocato quasi 70.000 morti palestinesi secondo i dati delle autorità sanitarie di Gaza, è considerata il banco di prova più grave per la tenuta della norma.
Eppure, dal 2022 a oggi, gli Stati Uniti non hanno sospeso un solo dollaro di assistenza. Lo ha confermato anche Josh Paul, ex funzionario del Dipartimento di Stato dimessosi in dissenso con la linea di Joe Biden: «Nonostante prove evidenti, nessuna unità israeliana è mai stata dichiarata inammissibile agli aiuti».
Il rapporto segreto descrive un sistema “su misura” per Israele: un processo di verifica più lento e più politico rispetto a quello applicato ad altri Paesi. Le valutazioni sono affidate a un forum interno — l’“Israel Leahy Vetting Forum” — che include rappresentanti dell’ambasciata americana a Gerusalemme e del Bureau for Near Eastern Affairs, tradizionalmente schierati a difesa di Tel Aviv. Ogni caso viene sottoposto al governo israeliano per ottenere spiegazioni o garanzie di “azioni correttive”. Solo dopo il consenso unanime del gruppo e l’approvazione del Segretario di Stato si può decidere la sospensione degli aiuti.
Gaza, gli episodi al centro delle indagini
Tra gli incidenti citati figurano la strage dei sette operatori di World Central Kitchen, colpiti da un drone israeliano il 1° aprile 2024, e il massacro del 29 febbraio 2024, quando oltre cento palestinesi furono uccisi mentre cercavano cibo da camion umanitari a Gaza City. Entrambi i casi erano stati già segnalati al Congresso, ma senza esiti concreti.
L’Ispettorato generale ammette che la mole di episodi raccolti “rende improbabile una conclusione in tempi utili”. La procedura americana richiede di verificare ogni singola unità coinvolta, e la cooperazione israeliana viene data per necessaria. Di fatto, il Paese accusato è parte integrante dell’inchiesta che lo riguarda.
Un precedente emblematico è quello dell’uccisione di Omar Assad, cittadino statunitense di 78 anni, morto d’infarto dopo essere stato ammanettato e imbavagliato a un checkpoint in Cisgiordania nel 2022. Il Pentagono giudicò l’episodio “un fallimento morale”, ma ritenne sufficienti le misure disciplinari interne adottate dall’IDF. Gli Stati Uniti non sospesero alcun aiuto militare.
L’ombra dell’impunità
Il nuovo rapporto arriva in un contesto politico segnato dall’erosione dei controlli interni. L’amministrazione Trump, tornata alla Casa Bianca nel 2025, ha già licenziato diciassette ispettori generali nominati dai predecessori, indebolendo la rete di vigilanza interna sulle violazioni e gli sprechi federali. «Non vedo alcuna differenza tra Biden e Trump su questo fronte», osserva ancora Blaha.
Intanto, mentre il cessate il fuoco regge formalmente, le forze israeliane hanno ripreso i bombardamenti: il 29 ottobre almeno 104 palestinesi sono stati uccisi in una sola giornata, secondo le autorità locali, dopo l’uccisione di un soldato israeliano.
La combinazione tra inerzia amministrativa e pressione politica fa del dossier una bomba diplomatica. Washington riconosce di avere prove di abusi, ma nessun meccanismo effettivo per fermare i flussi di armi verso Israele. Una paralisi che trasforma la legge Leahy in un simbolo vuoto — e che, dietro la retorica dei “valori occidentali”, lascia scorrere la continuità di una politica in cui la parola “accountability” resta classificata.