La dipendenza organica dalla politica, con tanti saluti alla prevista “terzietà”; i conflitti di interesse; la ragnatela di conoscenze; le interazioni con i vigilati; le assunzioni opache; le note spese. E, soprattutto, l’incapacità (o la non volontà) di prendere decisioni contro multinazionali potentissime, come Meta e Luxottica, in potenziale conflitto con gli interessi degli italiani e delle casse dello Stato. È la radiografia – impietosa – stilata dalle prime tre puntate della nuova stagione di Report sull’attività del Garante della Privacy, in teoria l’Autorità preposta a vigilare in maniera imparziale e a difendere i dati degli italiani.
In realtà, almeno dal ritratto tratteggiato dalla squadra di Sigfrido Ranucci, un ente che costa 50 milioni di euro l’anno, che detiene una liquidità inutilizzata di oltre 100 milioni di euro sui conti bancari, che spende il 70% delle proprie risorse in stipendi; che ha visto aumentare le proprie spese di gestione del 100% nell’arco degli ultimi 10 anni e sulla quale, soprattutto, l’inchiesta di Report ha gettato più di qualche dubbio sulla sua (teorica) indipendenza dalla politica.
Caso Meta-Luxottica: la sanzione passa da 44 milioni a zero
Un esempio emblematico, richiamato dalla trasmissione di Rai 3, è stata la deliberazione sugli smart glasses di Meta-Luxottica. L’autorità ha infatti prima tentennato a lungo, dovendo decidere se sanzionare o meno la big tech, poi, spaventata da un possibile danno erariale, ha stabilito un’ammenda da 12,5 milioni (gli uffici proposero 44 milioni), poi ridotta a un milione, fino ad azzerarla.
Commissari di nomina parlamentare
Non sorprende quindi che l’Autorità abbia chiesto di bloccare la messa in onda della puntata di Report di domenica scorsa, perché, per il Garante: “destituita di ogni fondamento”. “In questi giorni ben due membri del garante hanno cercato di metterci i bastoni fra le ruote”, ha denunciato Ranucci, “uno è Ghiglia (quello che incontrò Arianna Meloni subito prima che l’Autorità decidesse la sanzione da 150mila euro a Report per la diffusione dell’audio tra l’ex-ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie, ndr) con una diffida, l’altra è la professoressa Ginevra Cerrina Feroni che avrebbe telefonato direttamente ai vertici Rai”. Il primo eletto su indicazione di Fratelli d’Italia. La seconda in quota Lega.
Sì, perché i membri dell’Authority “indipendente” portano stampigliato sulla schiena il simbolo del partito politico che li ha indicati. E, fedeli a chi ha dato loro un posto di lavoro remunerato 240.000 euro l’anno (quanto il Presidente della Repubblica), con un rimborso spese mensile per viaggi e soggiorni da 5000 euro, come tali agiscono.
Dopo il sì al Green Pass, scatta l’aumento di stipendio
Così Ghiglia non solo discute con Arianna Meloni della sanzione, ma avverte anche Giorgia di un provvedimento riservato emesso contro il governo Draghi. E, da quanto riportato da Report, intervengono nei meccanismo di governo, come nel caso Green Pass, prima criticato, poi promosso con contemporaneo aumento degli emolumenti dei garanti da parte dell’esecutivo…
Anche l’attuale opposizione ha partecipato alla spartizione
Ma questa condizione di sudditanza dalla politica non mette al riparo dalle critiche la stessa opposizione, che oggi chiede – giustamente – l’azzeramento di un Garante ormai non credibile, che essa stessa ha contribuito a scegliere il 14 luglio 2020. Il presidente Pasquale Stanzone è stato indicato dal Pd: possibile che al momento della sua scelta nessuno tra i dem abbia verificato se ci fossero motivi ostativi? E anche in seguito, possibile che nel partito di Elly Schlein nessuno abbia avuto la “curiosità” di verificarne la condotta?
E non può lamentarsi neanche il Movimento Cinque Stelle, che invece nel 2020 indicò l’avvocato Guido Scorza, socio fondatore dello Studio Legale E-Lex, specializzato in privacy, tanto da patrocinare decine di ricorsi contro il Garante. Al punto che durante il suo mandato è stato costretto ad astenersi dalle decisioni del Collegio in alcuni ricorsi patrocinati dal suo ex studio. Lo stesso dove lavorava anche la moglie… Com’è possibile che il partito che ha fatto della lotta al conflitto d’interessi non abbia pensato al possibile verificarsi di casi di palese incompatibilità?
Finché saranno eletti dal Parlamento, risponderanno sempre alla politica
Il problema di fondo è il metodo di scelta dei membri: finché saranno Camera e Senato a votare due nomi ciascuno (in carica per 7 anni), non ci potrà mai essere reale indipendenza. Si ripeterà cioè quanto avvenuto 5 anni fa: un accordo tra maggioranza e opposizione sulla nomina di profili, gioco forza, in qualche modo legati ai partiti che li hanno designati.