Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato nella notte la Risoluzione 2803, che fa suo il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per porre fine alla guerra a Gaza, aprendo quella che la diplomazia americana presenta come un possibile “percorso verso uno Stato palestinese”. Tredici Paesi hanno votato a favore, nessuno contrario, mentre Russia e Cina si sono astenute: un via libera che cristallizza nel diritto internazionale il cessate il fuoco e il quadro di transizione per il dopoguerra nella Striscia.
L’esito del voto all’Onu
La bozza statunitense è stata adottata come Risoluzione 2803 del Consiglio di sicurezza e incardina il piano Trump come architrave del futuro assetto di Gaza. Il testo riconosce il progetto americano come cornice per il consolidamento del cessate il fuoco e per un processo graduale che, nelle intenzioni, dovrebbe sfociare in un percorso credibile verso l’autodeterminazione palestinese e la nascita di uno Stato.
L’adozione del documento è avvenuta in un clima di forte pressione diplomatica, dopo settimane di negoziati e riscritture, con Mosca e Pechino ferme sull’astensione ma senza arrivare al veto. Sullo sfondo rimane la fragilità della tregua tra Israele e Hamas, che la risoluzione punta a trasformare in cessate il fuoco permanente attraverso un meccanismo di supervisione internazionale.
L’euforia di Trump e il “Comitato per la pace”
Trump ha celebrato il voto come un trionfo personale e un momento “di portata storica”, scegliendo il suo social Truth per rivendicare il ruolo centrale nel nuovo dispositivo. “Congratulazioni al mondo per l’incredibile voto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha riconosciuto e approvato il Comitato per la pace che sarà presieduto da me e includerà i leader più potenti e rispettati del mondo”, ha scritto, definendo la risoluzione un passo destinato a “promuovere la pace in tutto il mondo”.
Nel suo messaggio, il presidente americano ha ringraziato uno ad uno i Paesi del Consiglio – da Cina e Russia a Francia, Regno Unito, Algeria, Danimarca, Grecia, Guyana, Corea del Sud, Pakistan, Panama, Sierra Leone, Slovenia e Somalia – e ha esteso il ringraziamento anche agli Stati che, pur non essendo membri, hanno sostenuto il piano, tra cui Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Turchia e Giordania. Trump ha promesso che la composizione del nuovo organismo e “molti altri entusiasmanti annunci” saranno resi noti nelle prossime settimane, alimentando l’idea di un Board of peace guidato direttamente dalla Casa Bianca.
L’entusiasmo di Israele per il piano
Da Gerusalemme la reazione è stata altrettanto entusiasta: lo Stato di Israele e l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu hanno “applaudito” Trump e la sua squadra per gli sforzi diplomatici. Nella nota ufficiale, il governo israeliano esprime la convinzione che il piano, “pienamente sostenuto dal Consiglio di sicurezza”, porterà “pace e prosperità” perché insiste sulla completa smilitarizzazione, sul disarmo e sulla deradicalizzazione di Gaza, con l’obiettivo dichiarato di espellere Hamas e i suoi sostenitori dalla regione.
Secondo Israele, la leadership “rivoluzionaria” del presidente americano potrà favorire una maggiore integrazione con i Paesi vicini e l’espansione degli Accordi di Abramo, sullo sfondo di un’alleanza sempre più stretta con Washington. La stessa nota lega il via libera alla risoluzione al ritorno degli ostaggi – vivi e deceduti – e alla prospettiva di avviare rapidamente il processo di disarmo e smilitarizzazione della Striscia, in collaborazione con gli Stati che hanno sottoscritto il piano.
Il richiamo dell’Onu alla “fase 2”
Più prudente, ma comunque favorevole, il commento delle Nazioni Unite, che leggono la Risoluzione 2803 come un tassello essenziale per consolidare il cessate il fuoco. Il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric, ha ricordato che per il segretario generale Antonio Guterres è “ora essenziale tradurre lo slancio diplomatico in misure concrete e urgenti sul campo”, sottolineando l’importanza di passare alla “fase 2” del piano Usa.
Questa seconda fase, nelle intenzioni dell’Onu, dovrebbe aprire la strada a un vero processo politico verso la soluzione a due Stati, con un ruolo diretto delle Nazioni Unite nella supervisione degli aiuti e nel supporto alla ricostruzione. Guterres ha ribadito l’impegno dell’organizzazione ad ampliare l’assistenza umanitaria e a guidare gli sforzi necessari perché il cessate il fuoco non resti soltanto un accordo sulla carta.
Il sostegno dell’Autorità nazionale palestinese
Accoglienza positiva è arrivata anche dall’Autorità nazionale palestinese, che attraverso l’agenzia Wafa ha salutato l’adozione della bozza statunitense come un passo che sancisce il cessate il fuoco permanente e globale nella Striscia di Gaza, insieme alla fornitura senza ostacoli di aiuti umanitari. L’Anp sottolinea che la risoluzione riconosce il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla creazione di uno Stato indipendente, e chiede un’attuazione immediata sul terreno per garantire il ritorno alla normalità e proteggere la popolazione.
Ramallah insiste sull’urgenza di assicurare il completo ritiro delle forze israeliane, consentire la ricostruzione e impedire sia lo sfollamento sia qualsiasi annessione, ribadendo la disponibilità a cooperare con Washington, i membri del Consiglio di sicurezza, i Paesi arabi e islamici, l’Ue e l’intera coalizione internazionale per dare piena attuazione alla risoluzione. L’Anp si dice pronta ad assumersi “piene responsabilità” anche nella Striscia, nel quadro dell’unità di territorio, popolo e istituzioni, definendo Gaza parte integrante dello Stato di Palestina e collegando il piano alla prospettiva di pace e stabilità basata sulla soluzione dei due Stati.
Lo scetticismo di Hamas sulla tutela internazionale
Sul fronte opposto, Hamas respinge con forza il testo approvato a New York, giudicandolo “insoddisfacente” perché non risponderebbe alle richieste e ai diritti politici e umanitari del popolo palestinese. Il movimento islamista denuncia in particolare il “meccanismo di tutela internazionale” previsto per la Striscia di Gaza, che a suo avviso finirebbe per imporre dall’esterno obiettivi “dell’occupazione” che non sono stati raggiunti neppure con quella che definisce una campagna di “brutale genocidio”.
In un comunicato, Hamas avverte che l’assegnazione a una forza internazionale di compiti di disarmo della resistenza all’interno di Gaza la priverà di neutralità, trasformandola in una parte del conflitto a favore di Israele, e chiede che qualsiasi forza sia eventualmente dispiegata solo ai confini, per separare le parti e monitorare il cessate il fuoco sotto piena supervisione Onu. Il movimento insiste affinché tale presenza operi esclusivamente in coordinamento con le istituzioni palestinesi ufficiali, senza alcun ruolo per l’“occupazione”, e si limiti a garantire l’ingresso degli aiuti, senza trasformarsi in un’autorità di sicurezza chiamata a perseguire la resistenza.