Il generale Abdel Fattah al-Burhan ha respinto senza esitazioni la proposta di tregua avanzata dagli Stati Uniti per cercare di fermare la guerra civile in Sudan che, a conti fatti, è considerata dall’Onu come la peggiore emergenza al mondo. Con dichiarazioni destinate a far parlare a lungo, davanti agli ufficiali delle Forze armate, il comandante dell’esercito ha definito il documento consegnato dall’inviato statunitense Massad Boulos “il peggiore mai presentato”, accusandolo di puntare alla frammentazione del Paese più che a una soluzione negoziata.
Secondo al-Burhan, apparso a dir poco furioso, le misure contenute nella bozza americana rappresenterebbero “appelli espliciti alla divisione del Sudan”, prevedendo la “cancellazione delle Forze armate”, lo scioglimento degli apparati di sicurezza e lasciando perfettamente intatta la presenza delle Forze di Supporto Rapido (RSF), la milizia ribelle guidata da Mohamed Hamdan Dagalo, conosciuto come Hemeti. Un impianto giudicato che è stato giudicato “del tutto irricevibile” dal comando militare, che considera la permanenza delle RSF nelle aree occupate come un ostacolo alla pace.
Sudan, il generale al-Burhan respinge il piano di tregua degli Stati Uniti: “Vogliono smembrare il Paese”
Al-Burhan ha accusato lo statunitense Boulos di voler imporre condizioni surreali e, in un passaggio particolarmente duro, ha perfino messo in dubbio il ruolo dell’inviato americano nel processo diplomatico, definendolo “un ostacolo sulla via della pace”. Sempre il capo dell’esericto sudanese ha ribadito, di fatto allontanando ogni ipotesi di pace, che qualsiasi cessate il fuoco dovrà essere accompagnato dal ritiro totale delle RSF da obiettivi civili e che la milizia non potrà avere spazio in alcuna futura formula politica.
Del tutto diverso il giudizio del generale Al-Burhan nei confronti delle iniziative di pace promosse dall’Arabia Saudita. Secondo il comandante sudanese, il principe ereditario Mohammed bin Salman sta portando avanti una proposta a dir poco perfetta e che permetterebbe, se approvata dai ribelli, “di evitare la distruzione del Paese”. Un apprezzamento che segnala come Khartoum guardi con maggiore fiducia alla mediazione saudita rispetto a quella degli Usa di Donald Trump.
Malgrado se ne parli poco, il conflitto sudanese è esploso nel lontano aprile 2023 e ha già provocato decine di migliaia di morti e, secondo fonti delle Nazioni Unite, oltre dodici milioni di sfollati. Una guerra terrificiante che l’ONU non ha esitato a definire come “la peggior crisi umanitaria mondiale”. Un conflitto che sembrava in via di risoluzione visto che le forze ribelli, RSF, il 7 novembre scorso avevano annunciato la propria disponibilità ad accettare una tregua umanitaria di tre mesi, con l’impegno a negoziare un accordo di pace permanente e l’esclusione di entrambe le parti dalla futura scena politica. Un possibile accordo che, però, alla luce delle dichiarazioni di al-Burhan sembra ormai del tutto naufragato.