Pandorogate, ecco perché la procura chiede di condannare Chiara Ferragni a 1 anno e 8 mesi per truffa

Un anno e otto mesi. E' la condanna chiesta dalla Procura per Chiara Ferragni nell'ambito del processo sul caso Pandoro-gate.

Pandorogate, ecco perché la procura chiede di condannare Chiara Ferragni a 1 anno e 8 mesi per truffa

“Sono fiduciosa, non posso dire altro”. Sono le poche, stringatissime, parole pronunciate oggi da Chiara Ferragni uscendo dall’aula del Tribunale di Milano nella quale si era appena conclusa l’udienza del processo con rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena per l’imputato) per truffa aggravata. Il caso riguarda il “Pandorogate”, dove l’imprenditrice è imputata per concorso in truffa continuata e aggravata in relazione ai casi di presunta pubblicità ingannevole circa le operazioni commerciali “Pandoro Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni” (Natale 2022) e “Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate” (Pasqua 2021 e 2022).

Operazioni benefiche o commerciali?

Operazioni benefiche che tanto benefiche non sembrano esser state. Tanto che poco prima l’aggiunto Eugenio Fusco e il pm Christian Barilli avevano chiesto per Ferragni una condanna a un anno e 8 mesi di carcere. Per la Procura infatti quelle due iniziative spacciate per benefiche sarebbero state in realtà puramente commerciali e avrebbero fruttato all’influencer un “ingiusto profitto” stimato complessivamente in 2.225.000 euro, più altri benefici legati al “ritorno di immagine” non calcolabili.

Chieste le condanne anche per l’ex braccio destro di Ferragni, Fabio Damato (1 anno e 8 mesi), e per il patron e ad di Cerealitalia, Francesco Cannillo (un anno).

Ferragni ha ricordato il suo impegno sociale

Durante l’udienza Ferragni ha ribadito di aver sempre agito in buona fede e raccontato di come negli anni si sia impegnata in numerose attività di beneficenza, a partire dalla raccolta fondi lanciata nel marzo 2020 per sostenere l’ospedale San Raffaele nella creazione di nuovi posti letti all’interno del reparto di terapia intensiva da destinare all’emergenza Covid in piena pandemia e lockdown. “Abbiamo sempre fatto tutto in buona fede, nessuno di noi ci ha lucrato”, ha concluso l’influencer.

Un racconto fatto con “grande trasparenza” spiega il difensore Giuseppe Iannaccone che nella prossima udienza, in programma il 19 dicembre, farà la sua requisitoria: “Spiegheremo il perché di certe scelte e l’innocenza di Chiara“ e “verrà fuori la sua innocenza“, ha aggiunto l’avvocato Marcello Bana.

La Casa del Consumatore: “Li inchiodano decine di mail”

Il Tribunale infine ha ammesso la costituzione di parte civile della Casa del Consumatore che, con l’avvocato Aniello Chianese, avanza richieste di risarcimento ma non ha ancora quantificato la cifra. Per Chianese “ci sono tantissime mail che dimostrano il ruolo delle società della signora Ferragni e del manager Damato a sostegno proprio della strategia commerciale che è stata adottata per commercializzare questo tipo di prodotti, completamente autonomi rispetto alle scelte di far beneficenza: quindi la vendita è sempre stata scissa e separata dalle attività di beneficenza, ma sono state veicolate queste informazioni assolutamente false e con gravi danni ai consumatori che hanno acquistato questi prodotti in massa”.