Giovanni Valentini (ex direttore dell’Europeo e dell’Espresso e già vicedirettore di Repubblica, autore della rubrica ‘Il Sabato del Villaggio’ sul Fatto Quotidiano), in queste ore si fa un gran parlare di una possibile cessione di Repubblica al gruppo greco della famiglia di Theodore Kyriakou. Questa notizia come la fa sentire?
“Provo grande amarezza e tristezza. Quando scrissi nove anni fa il mio saggio ‘La Repubblica tradita’ (PaperFirst, 2016) fui accusato, da qualcuno in malafede, di aver voltato le spalle a quel giornale. Ma avevo cominciato a lavorare con Eugenio Scalfari, al quale resto tuttora legato sentimentalmente, nell’ottobre del 1975 e ho partecipato alla fondazione di Repubblica, di cui conservo ancora tutti i ‘numeri zero’. A quell’epoca lasciai ‘Il Giorno’ di Milano, che era il terzo quotidiano italiano, per andare a lavorare con un ‘editore puro’ come allora si diceva: il Gruppo L’Espresso di Carlo Caracciolo e la Mondadori di Mario Formenton, due editori per mestiere e passione civile. Avevo appena 27 anni e ne ho spesi una quarantina della mia vita all’interno di quel gruppo, tra Roma, Milano e il Veneto. Non mi consola il fatto di aver previsto, purtroppo, come sarebbe andata a finire”.
Lei ha scritto recentemente anche un memoir intitolato “Il romanzo del giornalismo italiano”, per i tipi di La Nave di Teseo. Pensa adesso di scrivere un seguito?
“Non so. Se qualche editore vorrà propormelo, vedremo. Ma – ripeto – l’epilogo era già scritto. E mi dispiace che anche le figlie e il nipote di Scalfari abbiano fatto finta di niente. È stata una congiura del silenzio che di fatto ha aperto la strada ai nuovi padroni”.
Diverse indiscrezioni sostengono che per l’acquisto del quotidiano, Kyriakou potrebbe essere affiancato dal principe saudita Mohammed bin Salman. Se la notizia fosse confermata che cosa significherebbe per la Repubblica e più in generale per il giornalismo italiano?
“Repubblica aveva perso l’anima da tempo, con tre direttori in successione targati Fiat, con l’aggiunta di un ex uomo di Caltagirone. Ormai era già diventato un giornale padronale. Con questo eventuale passaggio di proprietà, rischierebbe di perdere definitivamente la sua identità e la sua credibilità”.
Con una due diligence che sarebbe già completata, l’operazione potrebbe concludersi nei prossimi giorni. Come mai tanta fretta?
“È la fretta di vendere che spinge John Elkann, il nipotino americano dell’Avvocato Agnelli, a mettere in liquidazione un patrimonio culturale che non ‘rende’ più abbastanza. A dispetto degli impegni che aveva assunto per il rilancio del giornale, e con la complicità di quelli che io chiamo i ‘Corifiat’, ora non vede l’ora di disfarsi di questo peso, dopo aver già venduto il settimanale ‘L’Espresso’ e la catena dei quotidiani locali allestita con preveggenza da Caracciolo”.
Davanti a questa trattativa, quale messaggio invierebbe alla redazione della Repubblica?
“La prima cosa che mi sento di dire ai colleghi di quel giornale, dopo aver espresso tutta la mia solidarietà nei loro confronti, è: tenete duro, non mollate, difendete l’immagine del giornale e il vostro lavoro. In una situazione di questo genere, sarebbe anche inutile scioperare: piuttosto, non firmate i vostri articoli in segno di protesta, reclamate spazi per rivolgervi ai vostri lettori, rassicurateli sul futuro della testata”.
A suo parere cosa si potrebbe fare per salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza del giornale?
“Vedo un’unica soluzione: chiedere, anzi pretendere, dalla nuova proprietà che istituisca un Comitato dei Garanti, d’accordo con la redazione”.
E da chi potrebbe essere composto?
“Non spetta a me fare nomi. Penso a figure professionali, autonome e indipendenti, legate possibilmente alla storia di Repubblica e del vecchio Gruppo L’Espresso”.