La Meloni parla un italiano che non le fa onore. Penso che la prima cosa da riformare nella scuola sarebbe l’insegnamento dell’italiano.
Elsa Carrai
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Gentile lettrice, il problema della scarsa qualità dell’insegnamento dell’italiano nelle scuole non è nuovo, ma nessuno fa nulla. Già nel 2007 un prof. di Economia dell’Università di Lecce mi disse che avevano dovuto istituire corsi di lingua italiana per gli studenti italiani (un esempio poi seguito da molti atenei), perché dagli scritti e dagli orali si evinceva che faticavano a comprendere un testo ed esprimersi con proprietà di termini. Il degrado si vede anche nei giornali: spesso i giovani praticanti hanno problemi con la sintassi. Una volta, tra le varie perle, lessi nel pezzo di una stagista (laureata): “Papa Wojtyla ha visitato Ali Agca in prigione, dopo aver tentato di ucciderlo, e lo ha perdonato”. Le mandai un messaggio: “Non sapevo che il Papa avesse tentato di uccidere Agca”. Risposta: “Ho sbagliato qualcosa?” Quanto alla Meloni, il suo italiano non è scalcagnato: la sintassi è corretta e l’uso del lessico adeguato. Quel che infastidisce è il particolare accento romanesco. Ne esistono diverse varietà e Pasolini ne fu uno studioso. Schematizzando, c’è un romanesco colto, parlato da attori come Anna Magnani, Sordi, Fabrizi, Proietti, paragonabile per nobiltà e piacevolezza al napoletano di Eduardo De Filippo. Poi esiste un romanesco incolto, bruto, nativo di alcune periferie romane, come lo si sente in Brutti, sporchi e cattivi e alcuni film di Pasolini. Diciamo che la parlata della Meloni si avvicina più al secondo che al primo tipo.
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