Due accuse per omicidio stradale – la prima contro Fares Bouzidi che era alla guida dello scooter, la seconda contro il carabiniere Antonio Leoci, che lo speronò – e sei militari accusati a vario titolo di favoreggiamento e depistaggio per la cancellazione di video e file di testimoni, di false informazioni ai pm e di falso ideologico sul verbale d’arresto per resistenza di Bouzidi. È quanto si legge nella chiusura delle indagini disposta ieri dalla procura di Milano per la morte del 19enne Ramy Elgaml, deceduto la notte del 24 novembre 2024, dopo un inseguimento durato 8 chilometri in piena città e conclusosi con uno schianto.
Nella nuova chiusura delle indagini nuovo indagati e nuovi reati ipotizzati
Agli otto indagati è stato notificato il nuovo avviso perché nel tempo sono aumentate le imputazioni e gli indagati rispetto alle tre chiusure indagini distinte per sei indagati che erano state notificate nei mesi scorsi. Il nuovo avviso, in sostanza, è un atto complessivo con tutte le accuse e gli indagati.
A Fares, i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano contestano l’omicidio stradale per quella fuga pericolosa, senza patente, “con picchi di velocità superiori ai 120 km/h”, anche in “contromano”, chiarendo che all’altezza dell’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta lo scooter tentò di girare a sinistra, ma ci fu poi una “repentina ed improvvisa manovra a destra”. Da lì “l’urto” tra il lato posteriore destro del TMax con la “fascia anteriore del paraurti” della Giulietta dei militari.
A causa dell’urto, lo scooter slittò e Ramy venne sbalzato “contro il palo” di un semaforo. Il ragazzo fu anche investito dalla macchina dei militari che si schiantò in quella direzione. A Fares sono anche contestate le aggravanti della guida senza patente e contromano.
Le accuse per il carabiniere alla guida della Gazzella
Al carabiniere che guidava, invece, i pm contestano sempre l’essersi tenuto “ad una distanza estremamente ravvicinata”, quasi “affiancando” il TMax, senza essere, dunque, riuscito ad evitare che quando lo scooter sterzò a destra ci fosse “l’urto”. Sarebbe arrivato ad una distanza “laterale” di 80 cm. Anche lui, dunque, per la Procura, avrebbe concorso nell’omicidio stradale, non considerando nemmeno la “lunga durata dell’inseguimento”. Per la stessa condotta, in sostanza, è anche accusato di aver causato lesioni a Bouzidi con una prognosi di 40 giorni. In questo caso, però, per il militare c’è “l’attenuante” che l’evento non è stato “conseguenza esclusiva” della sua azione.
I depistaggi e le omissioni dei militari
Lunga la lista di contestazioni ai militari presenti sul luogo. Nel verbale d’arresto per resistenza a pubblico ufficiale a carico di Bouzidi i quattro carabinieri che firmarono il provvedimento avrebbero commesso un falso ideologico, perché hanno omesso di “menzionare l’urto tra i mezzi coinvolti”, ossia l’auto dei militari e lo scooter, scrivendo che il secondo era “scivolato”. E non hanno indicato nell’atto nemmeno “la presenza del testimone oculare”, né hanno segnalato la presenza “di una dashcam personale” e di una “bodycam”, che avevano ripreso “l’intera” fase “dell’inseguimento”.
Le bugie ai Pm
I quattro militari avrebbero anche omesso di “menzionare lo ‘schiacciamento’ del corpo” di Ramy, investito dalla macchina nella fase finale dello schianto. Investimento di cui ha dato conto anche il consulente dei pm. Due militari (mai indagati prima) sono accusati, poi, di false informazioni ai pm. In un verbale del 17 gennaio uno di loro disse agli inquirenti “non ho consegnato questi video a nessun altro” al di fuori di un tenente colonnello, riferendosi alle immagini della dashcam e della body cam.
Parole smentite, per i pm, dai suoi messaggi con altri due militari, tra cui il carabiniere che guidava, del 24 e 25 novembre di un anno fa. E il primo carabiniere che avrebbe ricevuto quei video, anche lui indagato per false informazioni ai pm, il 27 gennaio ha riferito agli inquirenti di non aver “fatto copia” delle immagini. Le indagini, invece, hanno accertato che avrebbe copiato quei video.
Le minacce al testimone oculare e i filmati “spariti”
Ci sono poi quattro militari finiti sotto accusa per aver fato cancellare i file dai telefoni di due testimoni A.E. e O.E. In particolare la Procura contesta a due carabinieri di avere cercato di “sviare” le indagini sulla morte di Ramy con “minacce” nei confronti del testimone O.E. Avrebbero infatti proferito “frasi del tipo ‘cancella immediatamente il video… fammi vedere che lo hai cancellato… adesso sali in macchina perché ti prendi una denuncia, ti carico in macchina e aspetti che finiamo… dammi il documento che adesso ti becchi una denuncia”.
Inoltre, avrebbero costretto il testimone, che poi venne intervistato dalle ‘Iene‘, a cancellare dal proprio telefono un file contenente un video, appena effettuato, ritraente il sinistro stradale”. Sempre per i pm, il militare P. avrebbe poi cancellato la fotografia del documento d’identità del testimone dal suo cellulare, “in modo da ostacolare le indagini, impedendo la tempestiva identificazione del principale testimone oculare presente ai fatti, cui si addiveniva soltanto diversi giorni dopo, a seguito di una trasmissione televisiva”.
Ai due viene contestata l’aggravante “del fatto commesso mediante distruzione in tutto o in parte di documenti da impiegare come elementi di prova o comunque utili alla scoperta del reato o al suo accertamento”.
E Salvini attacca i giudici, naturalmente
Immancabile sulla svolta giudiziaria il commento del ministro Mateo Salvini, che su X ha postato: “Carabinieri a processo per la morte di Ramy? Un’altra richiesta assurda e vergognosa. Onore all’Arma e alle nostre Forze dell’Ordine. Riforma della Giustizia? SI’, grazie”.