La nuova perizia depositata nell’incidente probatorio sul caso Garlasco, anticipata dal Tg1, riporta al centro dell’attenzione le tracce genetiche trovate sotto le unghie di Chiara Poggi. Il lavoro della genetista Denise Albani, incaricata dal giudice, conferma l’esistenza di un profilo maschile compatibile con la linea genetica della famiglia Sempio, ma ferma il campo ben prima di attribuire quel profilo a un individuo in particolare. Le analisi biostatistiche, infatti, parlano di un “supporto moderatamente forte/forte e moderato” sull’appartenenza a quel lignaggio, ma la qualità del materiale biologico non consente ulteriori certezze.
Albani definisce gli aplotipi ottenuti “misti parziali”, un’espressione che riflette sia la scarsità sia le condizioni del campione. Elementi che, secondo la perita, rendono impossibile raggiungere un risultato “certamente affidabile”. In pratica: non si può dire chi abbia lasciato quei frammenti di Dna e non si può escludere interferenze o contaminazioni.
Garlasco, la nuova perizia: il Dna è compatibile con la linea Sempio ma non identificabile
Nella relazione depositata agli atti si sottolinea inoltre come non sia determinabile con rigore scientifico l’origine delle tracce. Non è possibile capire se il Dna fosse sotto o sopra le unghie della vittima, da quale dito provenisse, né quali siano state le modalità con cui si sia depositato: contatto diretto, trasferimento accidentale o persino mediazione attraverso un oggetto. Ancora più incerta è la variabile temporale: non si può stabilire quando sia avvenuto il trasferimento del materiale biologico.
La perizia ricorda che, allo stato attuale delle conoscenze internazionali, non esistono metodi validati in grado di rispondere in modo sicuro ai quesiti “come”, “quando” e “perché” un determinato Dna finisca su una superficie. Le ipotesi su trasferimenti secondari o contaminazioni restano solo suggestioni, prive di basi scientifiche solide se non collocate in un quadro informativo molto più ampio.
Un passaggio rilevante riguarda anche il confronto con il lavoro svolto in passato: Albani ha analizzato i dati documentali prodotti da De Stefano, il perito del processo d’appello bis a carico di Alberto Stasi. Il risultato, però, non modifica il punto centrale: la scienza, su queste tracce, non può andare oltre ciò che ha già detto. E quel limite segna ancora una volta la complessità di un caso che, a distanza di anni, continua a interrogare magistrati e opinione pubblica.