Precari, sottopagati e senza diritti: l’esercito di lavoratori senza pensioni

I lavoratori precari e con paghe da fame non hanno neanche diritti e tutele. Per oltre 600mila collaboratori anche la pensione è un miraggio.

Precari, sottopagati e senza diritti: l’esercito di lavoratori senza pensioni

Non solo sono lavoratori poveri. Non solo vivono una vita da precari. Non solo versano contributi senza avere alcun diritto. Ma rischiano anche di non andare in pensione o di farlo con assegni da fame. Parliamo di oltre 600mila lavoratori a cui la Manovra non pensa in alcun modo. Per loro “non avrà alcun impatto”, come sottolinea l’analisi di Nidil Cgil e Osservatorio Pensioni Cgil. E così 208mila collaboratori e 436mila partite Iva hanno oggi compensi inadeguati per una vita dignitosa e avranno domani pensioni da fame. “Poveri oggi… e pure domani”, è infatti il titolo del report. Che riguarda lavoratori poveri, precari, sottopagati e intermittenti. Sono, per esempio, collaboratori esclusivi, co.co.co. che lavorano, pagano ma non hanno diritti.

Una platea immensa di precari, di ben 1,7 milioni di iscritti alla gestione separata. Che scende a 1,1 milioni escludendo amministratori e sindaci che hanno redditi più alti e gonfiano le medie. E poi ci sono anche quasi 65mila precari che hanno versato oltre 14 milioni di euro di contributi alla gestione separata. Eppure per l’Inps non esistono, non risulta neanche un mese accreditato. Quindi non hanno nessun diritto, nessuna tutela e per loro la pensione è un miraggio.

L’esercito di lavoratori precari e sottopagati ma anche senza diritti né tutele

Partiamo dai collaboratori esclusivi. Nel 2024 hanno guadagnato in media 8.566 euro lordi l’anno. Parliamo di impiegati nei call center, nelle scuole dell’infanzia, nelle biblioteche e nelle amministrazioni. Tra queste ci sono molte donne (il 47% della platea) e per loro il reddito scende a 6.839 euro. Tanti anche gli under 35, che non vanno oltre i 5.530 euro. E l’emergenza redditi viene evidenziata dall’esigenza di mettere insieme più lavori, come sottolinea lo studio. Un lavoro “non basta più a condurre un’esistenza libera e dignitosa”. Ci sono poi i professionisti con partita Iva esclusiva che non sono iscritti a ordini professionali: archeologi, grafici, guide turistiche, traduttori. Per loro il reddito medio annuo è di 18.094 euro. Una cifra che scende a 15.700 euro per le donne e addirittura a 14.400 euro per gli under 35.

Una delle questioni più spinose sottolineate dal report è quella del minimale contributivo. Una regola per cui, con la gestione separata, si fissa una soglia sotto la quale non si matura un anno pieno di contribuzione. E questa soglia nel 2024 era fissata a 18.555 euro annui. Se non si raggiunge la cifra, viene accreditata solo una parte delle mensilità. Se il risultato del calcolo è inferiore a uno, si arrotonda a zero. Quindi chi guadagna circa mille euro non ha mesi accreditati, pur avendo versato la sua quota. Meccanismo per cui nasce quello che viene definito “contribuente netto”, ovvero quel lavoratore che non esiste ai fini previdenziali pur versando il dovuto. E tra i collaboratori esclusivi rientrano in questa posizione 64.722 contribuenti, ovvero il 22,5% dell’intera platea.

Questi lavoratori hanno pagato contributi per più di 14 milioni di euro eppure non hanno diritti. Niente maternità o paternità, niente Discoll, niente assegni familiari e neanche malattia. E ovviamente la pensione per loro resta un miraggio. Situazione in cui si trovano anche 36mila professionisti esclusivi, comprensivi di 20mila donne e 13mila under 35. Solo il 35% di questa categoria matura un anno di contributi pieni.

Il miraggio delle pensioni

L’unica certezza per questi lavoratori è che la pensione la vedranno molto tardi. Sicuramente non entro i 64 anni, perché non vengono rispettate le condizioni riguardanti la contribuzione effettiva e un assegno almeno 3,2 volte l’assegno sociale. Condizioni che non raggiunge nessuno in questa platea di parasubordinati. Non va meglio per la pensione di vecchiaia a 67 anni, irraggiungibile per molti considerando che servono carriere lunghe e continue. Quindi, spiega lo studio, alla fine la pensione sarà quella di vecchiaia a 71 anni, perché non prevede soglie e bastano cinque anni di contributi. Ben il 92% dei collaboratori esclusivi e il 65% dei professionisti esclusivi dovrà aspettare i 71 anni per un assegno “modesto e lontano da livelli dignitosi”, da circa 645 euro al mese.