Ricchezza delle famiglie italiane in calo: -8,5% in 15 anni secondo il Censis

Il nuovo rapporto Censis fotografa un’Italia più povera e diseguale: ricchezza familiare giù dell’8,5% in 15 anni, ceto medio in affanno.

Ricchezza delle famiglie italiane in calo: -8,5% in 15 anni secondo il Censis

La ricchezza delle famiglie italiane si assottiglia. Lentamente, ma in modo inesorabile. È la fotografia scattata dal Censis, che nel suo ultimo rapporto registra una contrazione dell’8,5% tra il primo trimestre 2011 e l’inizio del 2025. Quasi quindici anni di erosione silenziosa, che colpisce soprattutto chi si trova alla base della piramide patrimoniale.

Il dato più crudo riguarda il 50% delle famiglie più povere: qui il calo della ricchezza arriva al 23,2%. Ma non va meglio al ceto medio, schiacciato tra stagnazione e perdita di status. Le famiglie dal sesto all’ottavo decile vedono sparire tra il 35,3% e il 24,3% del patrimonio iniziale, mentre anche il nono decile arretra del 17,1%. All’estremo opposto, il 10% più ricco guadagna terreno: +5,9% nello stesso periodo. Una forbice che si allarga a tal punto che il 60% della ricchezza nazionale è ormai nelle mani di 2,6 milioni di famiglie, il decimo decile. E quasi la metà del patrimonio totale fa capo al 5% degli italiani più abbienti.

Ricchezza delle famiglie italiane in calo: -8,5% in 15 anni secondo il Censis

Il ceto medio, tradizionale spina dorsale del Paese, vive quella che il Censis definisce una condizione “febbrile”. Demografia e economia remano contro. Con il progressivo invecchiamento della popolazione e il crollo della natalità si arresta la proliferazione delle piccole imprese: in vent’anni i titolari si riducono del 17%, con i giovani imprenditori sotto i 30 anni quasi dimezzati (-46,2%). Anche i redditi calano: le piccole imprese, che nel 2004 valevano il 17,8% del Pil, oggi si fermano al 14%.

Nel mercato del lavoro si assiste a una trasformazione profonda. Il Paese è dentro una fase di “senilizzazione occupazionale”: l’aumento degli occupati nel biennio 2023-2024 è dovuto per l’84,5% agli over 50. Nei primi dieci mesi del 2025 gli occupati più anziani crescono di 410.000 unità, mentre diminuiscono sia i lavoratori tra 35 e 49 anni (-96.000) sia gli under 35 (-109.000). I giovani inattivi aumentano di 176.000. Una dinamica che trascina verso il basso la produttività: più ore lavorate, più occupati, ma un valore aggiunto in calo.

Sul fronte industriale cresce l’automazione: l’Italia sale al quattordicesimo posto al mondo per intensità robotica e al sesto per nuove installazioni nel 2023. La produttività cresce grazie alle macchine, ma i salari non seguono la stessa traiettoria: dal 1995 al 2022, mentre il valore aggiunto per occupato nell’automotive sale del 48,8%, le retribuzioni avanzano appena del 9,3%.