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Perché è importante difendere il diritto di sciopero

Le ragioni dello sciopero esistono e il fatto che non tutti i sindacati parlino con una sola voce non le indebolisce.

Perché è importante difendere il diritto di sciopero

Ieri in Portogallo le due principali confederazioni sindacali hanno indetto uno sciopero generale per contestare le modifiche alla legislazione sul lavoro previste dal governo di centrodestra di Luís Montenegro. È la prima volta dal 2013 che Cgtp e Ugt uniscono le forze, ma davanti alla possibilità per le aziende di licenziare più facilmente i lavoratori, di estendere la durata dei contratti temporanei e – addirittura – di limitare le pause per l’allattamento al seno per le madri nei primi due anni di vita del bambino (contro l’attuale esonero senza scadenza fissata) non poteva essere altrimenti. Oggi, invece, tocca all’Italia.

E, come al solito, un nuovo sciopero porta dietro di sé una nuova (prevedibile) polemica: “Bloccare il Paese non serve”, “chi lavora non può permettersi di fermarsi” etc. Eppure lo sciopero generale indetto dalla Cgil di Maurizio Landini racconta altro. Racconta un Paese che si sente messo all’angolo da politiche che comprimono diritti, salari e servizi pubblici e che trova nello sciopero non un capriccio corporativo, ma l’ultimo strumento democratico rimasto per farsi ascoltare. Finanche rinunciando a una giornata di stipendio. Sì, scioperare crea disagio. Ed è giusto riconoscerlo. Ma è altrettanto vero che il disagio quotidiano – quello dei lavoratori che perdono potere d’acquisto, dei giovani intrappolati in contratti precari, dei pensionati che vedono arretrare il welfare – non sembra destare lo stesso scandalo di qualche ora di traffico in più. C’è un paradosso tutto italiano: ci si indigna per lo sciopero, non per le ragioni che lo rendono necessario. In tale contesto, le divisioni sindacali pesano come macigni. Le polemiche tra sigle, gli scioperi “sì ma non così”, i distinguo che diventano titoli di giornale finiscono per rafforzare la narrazione del governo: quella secondo cui il malcontento sarebbe politicizzato, quasi pretestuoso.

Invece no: le ragioni dello sciopero esistono e il fatto che non tutti i sindacati parlino con una sola voce non le indebolisce. Semmai, confonde l’opinione pubblica e regala all’esecutivo l’arma più efficace in ogni conflitto sociale: la divisione degli interlocutori. Lo sciopero di oggi è un segnale, dire che “non serve” equivale a rassegnarsi all’idea che chi governa possa non ascoltare. Difenderlo, pur riconoscendone il costo, non significa applaudire per partito preso Landini e la Cgil ma ricordare che protestare è un diritto, non un abuso. Ed è proprio quando qualcuno prova a farci credere che sia sbagliato che diventa ancora più importante farlo.