La Sveglia

A Gaza il genocidio continua, lo dice Amnesty International

“Il genocidio continua”. Amnesty International rompe gli indugi e consegna al presente una parola che in questi mesi è stata contesa, negata, sminuita. Mentre l’organizzazione pubblica il nuovo dossier, a Khan Younis il freddo si prende la vita di Rahaf Abu Jazar, nove mesi, morta nella tenda che avrebbe dovuto proteggerla dall’inverno. La scena del padre che la stringe in braccio diventa il contrappunto più feroce all’idea che esista ancora un margine di normalità. La tempesta Byron ha allagato i campi, il vento ha strappato i teli, l’acqua si è mescolata al fango. L’Unrwa parla di sofferenze «senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale» e definisce Gaza «inadatta alla vita». Nelle stesse ore il ministero della Salute aggiorna il conteggio: 70.369 morti. La statistica sale e il lessico umanitario si assottiglia mentre gli ospedali improvvisati contano i casi di ipotermia tra bambini e anziani. Gli aiuti non seguono la curva dell’emergenza. I camion restano sotto le promesse dell’accordo, Kerem Shalom apre a singhiozzo, le banche riaccendono le luci con poco contante, abbastanza per un’illusione di routine. La distanza tra le dichiarazioni di intento e la realtà del terreno si misura nella cronaca di una bambina che muore per il gelo dentro una tenda. Dall’alto del teatro diplomatico, Trump convoca per il 2026 il suo Board of Peace e prepara l’incontro con Netanyahu. È un calendario remoto che scorre mentre l’inverno avanza e avvolge gli sfollati. Se Amnesty dice che il genocidio continua, le morti del freddo non sono effetti collaterali. Sono un’altra forma dell’assedio.