Fine cantiere mai per i lavoratori anziani dell’edilizia: le pensioni slittano e il rischio di morire sul lavoro cresce

Operai oltre i sessant’anni ancora sui ponteggi. Il corpo cambia, l'altezza delle impalcature no. E ogni metro in più diventa una lotteria

Fine cantiere mai per i lavoratori anziani dell’edilizia: le pensioni slittano e il rischio di morire sul lavoro cresce

A Roma, nel crollo della Torre dei Conti, muore un operaio di 66 anni. Poche settimane dopo, nel Frusinate, un altro lavoratore di 66 anni precipita da un’impalcatura e muore sul colpo. Episodi diversi, stesso dettaglio: l’età. Serve però mettere insieme cronaca e contabilità e consegnare un dato che pesa: le Casse edili stimano circa 44 mila operai dai 63 anni in su, con 16 mila oltre i 65. A questi si aggiunge la quota del lavoro irregolare, che in edilizia resta una presenza costante.

L’età che cambia il rischio

Le cause degli incidenti in cantiere, come spiega la Cgil nel suo reportage sul sito Collettiva, hanno una grammatica ripetitiva: lavori in quota, ponteggi, scale, aperture, coperture. Le analisi sugli infortuni nelle costruzioni indicano la caduta dall’alto come dinamica prevalente negli esiti mortali. L’altezza resta la stessa, però il corpo cambia. Dopo i sessant’anni diminuiscono equilibrio e prontezza, aumenta la fragilità, si allungano i tempi di recupero. Ogni errore diventa più pesante.

Anche le denunce di infortunio, lette per classi di età, segnalano movimenti coerenti con questo quadro: la crescita riguarda fasce mature. Qui sta il punto: il cantiere sta invecchiando. E in un lavoro dove il margine di tolleranza è minimo, l’invecchiamento diventa fattore di rischio.

La pensione come traguardo che si sposta

Il paradosso vive dentro i contributi. L’edilizia produce carriere spezzate: stagionalità, subappalti, micro-imprese, periodi vuoti. Milioni di lavoratori restano sotto il minimale contributivo: persone che lavorano senza vedersi riconosciuto un anno pieno ai fini pensionistici. Nel comparto edile questa dinamica pesa più che altrove, perché la discontinuità è parte del mestiere. Il risultato è semplice: l’età pensionabile diventa una soglia teorica, l’età reale di uscita scivola in avanti.

Le scelte di bilancio mantengono la traiettoria di innalzamento dei requisiti, con correttivi limitati per i lavori gravosi. Nel frattempo il settore prova a costruire soluzioni di protezione interna: il sistema delle Casse edili gestisce strumenti di accompagnamento al pensionamento, una toppa collettiva messa su una ferita aperta. La sua esistenza racconta la natura del problema: l’uscita va finanziata e organizzata, perché la normalità lascia scoperti proprio i lavori più duri.

Sul fondo restano i numeri generali delle denunce di infortunio mortale. Sono conteggi prudenti, soggetti a consolidamento successivo, però delineano una costante. In edilizia quella costante ha un nome: caduta dall’alto.

La Cgil chiede pensione a 62 anni o con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. È una richiesta che lega previdenza e salute, salario e sicurezza. La politica ragiona per saldi e rinvii; i cantieri ragionano per turni e scadenze. Nel mezzo ci sono migliaia di lavoratori anziani che continuano a salire e scendere, ogni giorno, come se la fine della corsa fosse sempre domani.

Limiti di età e mansioni pericolose

C’è poi un ultimo dato che raramente entra nel racconto pubblico: l’assenza di limiti operativi legati all’età per le mansioni più pericolose. Nei cantieri italiani un sessantacinquenne può lavorare in quota alle stesse condizioni di un trentenne. La norma ignora il fattore anagrafico, la realtà lo rende decisivo. È qui che la sicurezza diventa una formula vuota e la prevenzione una parola stanca.

Questo è il tono amaro dei ponteggi: chi resta in cantiere oltre i sessanta anni paga due volte, con la schiena e con il tempo. L’allungamento della vita lavorativa produce un invecchiamento reale dei rischi. Le impalcature restano, i corpi cedono prima. La pensione arriva tardi, a volte per vie indirette. Fine cantiere mai.

Dentro la filiera del subappalto la responsabilità si sbriciola: un datore formale, un capocantiere di passaggio, controlli a campione. L’operaio anziano resta l’anello più esposto. La logica dei ribassi accorcia le pause, allunga i turni, riduce i margini. E ogni metro in alto diventa una lotteria.