Riforme, sogni e utopie

di Gaetano Pedullà

La proposta è sul tavolo. Dopo la legge elettorale Renzi punta sulla prima delle grandi riforme costituzionali: l’abolizione del bicameralismo perfetto. La nuova assemblea di Palazzo Madama, se mai si avvererà il progetto, sarà composta da 150 membri non elettivi: i 108 sindaci dei Comuni capoluogo, 21 governatori e 21 personalità designate dal Capo dello Stato. Che piaccia o no, questa è la prima riforma con qualche possibilità di diventare realtà che vediamo dopo molti anni. E solo per questo va presa sul serio, accarezzata e protetta come va difeso un germoglio che si affaccia alla vita sfidando il deserto. L’Italia ha bisogno urgentissimo di riforme – non c’è persona di buonsenso che non lo riconosca – ma poi nulla cambia e il Paese diventa sempre più vecchio e incapace di stare al passo con un mondo che corre. Questa dunque è la volta buona? Le possibilità sono legate alla tenuta del governo di Enrico Letta e in seconda battuta alla sopravvivenza della legislatura. È inutile girarci attorno: l’attuale maggioranza non ha la forza per approvare una riforma così delicata e quindi il disegno del segretario Pd rischia di finire nel cassetto dei sogni. A meno che non cambi qualcosa nel governo, riportando la maggioranza su numeri sufficienti per affrontare il tortuoso iter di una riforma costituzionale. Cosa può accadere? Un rimpasto che riporti Forza Italia a Palazzo Chigi? Dopo la sortita del presidente del Senato Grasso contro Berlusconi le possibilità sono al lumicino. Oppure un cambio della stessa premiership, con Letta che lascia Palazzo Chigi a Renzi? Comunque la giriate, in questa legislatura la via resta stretta. Non impossibile, ma certo gremita di buche più delle strade di Roma. La soluzione più logica resta perciò quella delle urne, dopo aver cambiato la legge elettorale. Perché i sogni son desideri, ma aspettando che si avverino non possiamo più perdere tempo prezioso.