A rischio 339 milioni di risparmi a legislatura. Tanto vale il taglio ai vitalizi degli ex parlamentari targato M5S. Ma la partita non è ancora chiusa

La scure dei tagli targata Movimento 5 Stelle si inceppa tra i velluti rossi di Palazzo Madama. Dove la sentenza della Commissione contenziosa (leggi l’articolo), arrivata a sorpresa nella notte di giovedì scorso, ha inferto un brutto colpo – ma l’entità del danno si potrà stimare a motivazioni depositate – ad uno dei tre pilastri della dieta M5S ai costi della politica. Quello del taglio dei vecchi vitalizi, maturati prima del 2012 e calcolati con il vantaggioso sistema retributivo. Una cura che, grazie alle delibere approvate tra l’estate e l’autunno del 2018, dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato, attraverso il ricalcolo retroattivo con il metodo contributivo dei trattamenti pensionistici maturati da ex senatori ed ex deputati – bilanci alla mano dei due rami del Parlamento – avrebbe prodotto, ma il condizionale a questo punto è d’obbligo, risparmi per circa 45,6 milioni di euro all’anno a Montecitorio e altri 22,2 milioni a Palazzo Madama.

In totale, 67,8 milioni di euro all’anno, 339 milioni a legislatura. Somme, tuttavia, accantonate al momento in un apposito fondo istituito prudenzialmente proprio in attesa della definizione dei quasi duemila ricorsi presentati dagli ex parlamentari agli organi di giurisdizione interna di Camera e Senato. Ma ora, la sentenza di Montecitorio – che ha aperto al ricalcolo caso per caso per gli ex deputati che versano in gravi condizioni di salute o di indigenza – ma soprattutto quella più recente di Palazzo Madama, rischiano di vanificare, almeno in parte, quel tesoretto accantonato con la sforbiciata.

La partita non è chiusa. E, aspettando i giudizi di secondo grado sui vitalizi degli ex, altri corposi risparmi potrebbero arrivare con la vittoria del sì al referendum costituzionale (probabilmente a settembre) che taglierebbe da 945 a 600 il numero dei parlamentari. Considerato che, tra indennità e rimborsi vari, le spettanze dei deputati e dei senatori in carica, gravano sulle tasche del contribuente per circa 224 milioni di euro l’anno (144,8 alla Camera e altri 79,7 al Senato), riducendo gli scranni di un terzo la spesa scenderebbe a 91,9 milioni (-52,8 milioni) a Montecitorio e a 50,6 milioni (-29,1 milioni) a Palazzo Madama. Con un risparmio complessivo di 82 milioni di euro l’anno, 410 milioni nell’arco di una legislatura. Infine, riducendo le indennità parlamentari si potrebbero tagliare fino a 25,8 milioni alla Camera e 13,3 al Senato: in tutto 39,1 milioni all’anno (195,5 a legislatura).