L’abrogazione da parte del governo di Giorgia Meloni del reato di abuso d’ufficio non è incostituzionale. A stabilirlo è stata ieri la Consulta, dopo l’udienza pubblica di mercoledì. La Corte “ha esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da 14 autorità giurisdizionali, tra cui la Corte di cassazione, sull’abrogazione del reato di Abuso d’ufficio ad opera della legge numero 114 del 2024. La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida). Nel merito, la Corte ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di Abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale”, si legge nello stringato comunicato stampa emesso ieri dalla Consulta.
Governo e maggioranza festeggiano
Ma, in attesa della motivazione della sentenza, che arriverà nelle prossime settimane, governo e maggioranza stappano lo champagne. Era enorme infatti il rischio che la Consulta bocciasse uno dei “pilastri” della (non)riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio. Invece è andata bene a loro, meno al Paese…
Nordio: “Basta strumentalizzazioni”
Ad aprire il coro dei festeggiamenti, il Guardasigilli: “Esprimo la massima soddisfazione per il contenuto del provvedimento della Corte Costituzionale, che ha confermato quanto sostenuto a più riprese in ordine alla compatibilità dell’abrogazione del reato di Abuso di ufficio con gli obblighi internazionali”.
“Mi rammarica che parti della magistratura e delle opposizioni abbiano insinuato una volontà politica di opporsi agli obblighi derivanti dalla convenzione di Merida”, ha aggiunto Nordio, “Auspico che nel futuro cessino queste strumentalizzazioni, che non giovano all’immagine del nostro Paese e tantomeno all’efficacia dell’Amministrazione della giustizia”.
“La Consulta mette fine a menzogne giuridiche”
Molto più esplicito il forzista e ipergarantista Enrico Costa: “La Consulta mette fine a menzogne giuridiche. Per mesi e mesi la propaganda della sinistra, dell’Anm, dei forcaioli ha descritto l’abrogazione dell’Abuso d’ufficio come un intervento incostituzionale. Hanno interpretato le convenzioni internazionali in modo distorto per sostenere i loro interessi politici, ci hanno descritto come complici dei criminali. Oggi si è espressa la Corte Costituzionale e li ha smentiti. Hanno perso ogni credibilità sui temi della giustizia”.
Immancabile Maurizio Gasparri, per il quale “molti magistrati e molti politicanti avevano costruito anche su questo tema una narrazione intrisa di bugie”. Per il senatore “era una norma non necessaria perché si possono combattere i fenomeni di corruzione con le norme vigenti senza ulteriori bardature che portano soltanto a una paralisi burocratica. Hanno torto tutti i nostri detrattori, i magistrati e i politici che hanno contestato questa decisione. Hanno fatto la loro consueta figuraccia”.
Anac: “Prendiamo atto, ma i vuoti restano”
In mezzo ai cin cin e ai brindisi della destra, si è levata la voce pacata ma ferma del presidente dell’Anac, Giuseppe Busia: “Le sentenze della Corte costituzionale si rispettano. Ne prendiamo atto e leggeremo le motivazioni, ma i vuoti lasciati dall’abrogazione del reato di Abuso d’ufficio restano”.
“Era stato detto che si sarebbe rafforzata la tutela amministrativa visto che viene meno quella penalistica, ma questo rafforzamento non c’è stato e anzi in molti casi abbiamo visto passi indietro sulla normativa anti-corruzione preventiva”, ha aggiunto il capo dell’Autorità anticorruzione, “Questo, al di là di ogni dibattito politico da cui voglio rimanere fuori, rischia di non mettere in luce e rafforzare l’imparzialità della pubblica amministrazione che è un bene necessario: soprattutto adesso di fronte ai cittadini abbiamo bisogno di amministrazioni che appaiano indipendente e meritevoli di fiducia”.