Giornata campale ieri per una parte importante della contestatissima riforma del ministro Carlo Nordio nella disciplina penale dei reati contro la pubblica amministrazione. Presso Palazzo della Consulta infatti si è svolta l’udienza pubblica per stabilire la legittimità della riforma che ha abolito l’abuso d’ufficio.
I dubbi degli ermellini
A sollevare la questione la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9442/2025 e 14 magistrati italiani, in altrettanti processi. Il procedimento nasce da un ricorso in Cassazione, col quale si chiedeva agli ermellini l’annullamento dei una condanna per abuso d’ufficio. Da qui la decisione dei giudici di rimettere la decisione alla Corte Costituzionale. Per la Cassazione, infatti, esiste un potenziale contrasto tra la riforma Nordio e la Convenzione Onu contro la corruzione, adottata a Merida nel 2003 e ratificata dall’Italia con la legge 116/2009, la quale suggerisce agli Stati di perseguire penalmente proprio quelle condotte ricomprese nell’ex abuso d’ufficio che il governo Meloni ha voluto cancellare.
Senza l’abuso d’ufficio armi spuntate contro la corruzione
La violazione degli obblighi assunti in sede internazionale, sempre secondo l’ordinanza della Cassazione, non sarebbe riducibile alla mancata osservanza della raccomandazione di punire l’abuso d’ufficio, ma all’abbassamento complessivo dello standard di tutela della pubblica amministrazione dalla corruzione. Per i giudici la cancellazione dell’articolo 323 non sarebbe stata compensata da meccanismi alternativi di prevenzione della corruzione. Il risultato è che si sarebbe generata una lacuna normativa nella lotta alla corruzione e un abbassamento del livello di tutela della legalità, in violazione degli impegni internazionali assunti.
La Cassazione osserva che, seppure la Convenzione ammetta margini di flessibilità nella definizione delle fattispecie penali, essa impone comunque agli Stati aderenti l’adozione di politiche organiche di prevenzione della corruzione, e in particolare il mantenimento di una soglia minima di tutela giuridica contro gli abusi nella gestione della cosa pubblica.
Non a caso ieri l’avvocatura di Stato, rappresentata da Ettore Figliolia, Lorenzo D’Ascia, Massimo Di Benedetto, ha puntato a sminuire la portata della Convenzione, retrocedendola a norma non comunitaria e quindi non stringente. La decisione è attesa nei prossimi giorni.