Alfano sostiene il nuovo governo, ma fa la lista

di Lapo Mazzei

La formazione del governo da una parte, l’assetto della maggioranza dall’altra, i rapporti con Angelino Alfano sullo sfondo. Nel mezzo l’esigenza di tenere la barra saldamente dritta sulla rotta indicata da Matteo Renzi. Sia pur per sommi capi si muove fra questi due poli la navigazione a vista del presidente del Consiglio incaricato che vorrebbe uscire dalle secche il prima possibile. E a dargli una mano, non senza una certa sorpresa, potrebbe contribuire la minoranza interna del Pd, che diventa il suo miglior alleato. Certo, ancora non c’è nessun documento programmatico, almeno ufficialmente, da parte di cuperliani e fassiniani. Ma questo non significa affatto che la direzione del partito fissata per giovedì non partorisca un asse interno nuovo, grazie all’ingresso nell’esecutivo di almeno un esponente della minoranza. Che potrebbe essere lo stesso Cuperlo, anche se qualcuno insiste nel fare il nome di Enrico Letta. Stando alle indiscrezioni fatte trapelare da fonti interne del Pd, la minoranza avrebbe ribadito la richiesta di conoscere l’asse politico e programmatico su cui il futuro premier intende far marciare il suo esecutivo. Nel corso del colloquio, però, Renzi e Cuperlo non avrebbero parlato di nomi: nessuna richiesta e nessuna offerta. Probabilmente l’intesa è già nei fatti. Ma se i rapporti interni al partito girano verso il sereno, per Renzi le turbolenze arrivano dall’esterno.

Lega all’attacco
“Con Renzi non ci siamo trovati d’accordo su nulla” sibila il segretario della Lega Matteo Salvini, regalando la prima doccia fredda al premier incaricato. Dopo il buonismo dei giorni scorsi il Carroccio ha deciso di tornare agli antichi splendori. “Se Renzi verrà in Aula per riportare a Roma competenze e soldi non ci stiamo e la Lega è dell’altra parte della barricata”, spiega ai giornalisti dopo essere stato ricevuto dal premier incaricato. Il nodo, com’è facile intuire, sono le competenze in mano alle Regioni, su alcuni temi specifici, che Renzi vorrebbe riportare nelle mani del governo. Per la Lega sarebbe un vero disastro. Di segno opposto la posizione di Scelta civica, intenzionata a “partecipare profondamente alla fase di cambiamento radicale del Paese”. Insomma, la strada che dovrà portare Renzi al nuovo governo, con i nodi dell’Economia e degli altri ministeri chiave ancora da sciogliere, è già un percorso a ostacoli. Il numero uno dei democratici non si tira indietro ma ha bisogno di tempo. Se infatti la road map per le riforme sembra ormai ben delineata, per la squadra di governo toccherà aspettare almeno fino a venerdì. E proprio per far capire il clima che si respira dentro e fuori Montecitorio, è sufficiente leggere in filigrana le parole di Nichi Vendola. “Siamo indisponibili a contribuire alla formazione di un esecutivo che di basa sulle larghe intese che non sono una risposta ma una parte del problema”, afferma il leader di Sel al termine delle consultazioni con il premier incaricato Matteo Renzi.
Quanto al Movimento Cinque Stelle, Grillo e Casaleggio hanno spiegato di considerare le consultazioni una “farsa”, ma poi hanno deciso di far scegliere la base. E questa ancora una volta li ha sconfessati decidendo che i pentastellati devono incontrarsi oggi con Renzi. Una decisione che almeno ha sortito l’effetto di lenire i robusti mal di pancia dei parlamentari dissidenti.

Il diktat di Alfano
In ogni caso la partita si gioca tutta sull’asse Renzi-Alfano. Senza il Nuovo centrodestra, a caccia di poltrone e di una programma da condividere, il segretario del Pd rischia di rimanere al palo. I segnali, per ora, sono neutrali. “Abbiamo ribadito la nostra posizione: no a un governo di sinistra o di centrosinistra. Noi vogliamo che questo possibile nuovo governo nasca con la stessa maggioranza che ha sostenuto il governo di Enrico Letta: se si allarga a sinistra non va bene”, dice il leader di Ncd dopo l’incontro con Renzi alla Camera. “È emerso abbastanza chiaramente che Vendola non c’è – sottolinea Alfano – e questo possiamo ritenerlo un primo scoglio superato perché si va profilando la stessa maggioranza che ha sostenuto Enrico Letta”. Però c’è un punto che fa salire il livello dell’asticella, oltre la quale c’è l’accordo: “Mai la patrimoniale. Se si ha in mente di fare la patrimoniale, il Nuovo Centrodestra non è disponibile” spiega l’ex ministro dell’Interno. La partita è tutt’altro che finita.