Altro che partito unito

Di Lapo Mazzei

Una giornata vissuta sul filo del rasoio fra il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, e la minoranza del partito guidata da Stefano Fassina e sostenuta da Pippo Civati. E poco importa se nel corso della direzione serale il segretario del Partito democratico ha affermato di puntare a un partito unitario.

MINORANZA IGNORATA
Ed è stata una giornata pesante, iniziata con il discorso programmatico dei mille giorni davanti al Parlamento e finita con la direzione democratica. Una pura formalità la prima, un po’ meno la seconda, essendo stata una direzione. Democratica nel nome, un po’ meno nei fatti, a dire il vero. Perché se al governo Renzi ha cambiato passo, nel partito è sempre la stessa storia; prima decide e poi di discute. Come spiega Fassina. “Per Statuto la segreteria del Pd è lo staff del segretario nazionale e, se non si affrontano i nodi politici, per me rimane tale. Per quanto mi riguarda, il punto è affrontare i nodi politici prima di decidere la composizione della segreteria. E i nodi politici sono il lavoro, la Legge di Stabilità e la legge elettorale. Personalmente, non sono interessato”, dice l’esponente dem. Renzi, da par suo, sembra accogliere qualche suggerimento della minoranza e rinvia ad altre direzioni, ad hoc, le discussioni su Jobs Act e legge di Stabilità. Ed è proprio se si considera questo scenario che la direzione del partito di ieri perde di valore, per acquistare solo una cifra simbolica, quasi da manuale della politica.

VOLTI NUOVI
E per la nuova segreteria Renzi propone 8 donne e 7 uomini. I nomi delle donne proposte sono Stefania Covello, Chiara Braga, Micaela Campana, Francesca Puglisi, Lorenza Bonaccorsi, Valentina Paris, Alessia Rotta, Sabrina Capozzolo. Per gli uomini Filippo Taddei, David Ermini, Enzo Amendola, Andrea De Maria, Giorgio Tonini, Ernesto Carbone, Emanuele Fiano, “Se poi qualcuno non dovesse sentirsi di far parte della segreteria”, chiude Renzi, “giovedì ce lo dirà”.