Si credevano archiviate, come al risveglio da un incubo, le immagini dei “munatti” in tuta bianca che trasportavano cadaveri in fosse comuni a Monrovia. Ebola, un terrore paralizzante, un dramma dalle proporzioni di una piaga biblica. Tutti si sono sentiti, anche solo per qualche istante, disarmati, spaventati, possibili future vittime di una pandemia superiore a studi medici e farmaci. Poi la psicosi si è a poco a poco dissolta, le foto e le riprese della Liberia e della Sierra Leone si sono fatte meno assillanti, le notizie sono divenute più positive e sono stati resi noti i casi di medici guariti e di Paesi africani, come la Nigeria, in grado di debellare l’infezione. E così Ebola è entrata nei manuali di storia, nei capitoli di un passato, che però è ancora presente, sebbene tutti volessero fosse remoto. Ecco infatti che il virus non è stata sconfitto e a diramare la notizia che in Africa occidentale attualmente si muore a causa del virus è l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il comunicato dice che, nonostante il numero di contagi e vittime sia diminuito, l’epidemia non è stata fermata. Una notizia che destabilizza, visto che la stessa OMS a maggio aveva dichiarato che la Liberia era una zona “ebola free”. Ma a fine giugno nuovi casi di contagio sono stati registrati e così, di nuovo, un intero Paese è caduto nell’incubo della morte silenziosa e invisibile, che ha provocato oltre 11246 decessi
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