Amanda Knox condannata a 3 anni per calunnia a Lumumba

Amanda Knox è stata condannata a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba per le accuse sull'omicidio di Meredith Kercher.

Amanda Knox condannata a 3 anni per calunnia a Lumumba

Condanna a tre anni per Amanda Knox per l’accusa di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. La decisione della Corte d’assise d’appello di Firenze riguarda la vicenda giudiziaria relativa all’omicidio della studentessa inglese, Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il primo novembre del 2007.

Per Amanda Knox anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Knox era presente in aula al momento della lettura della sentenza: è venuta in Italia dagli Stati Uniti insieme al marito. Assente, invece, Lumumba. Ora il verdetto finale spetterà alla Cassazione, ma in ogni caso la cittadina americana non andrà in carcere avendo già scontato quasi quattro anni prima dell’assoluzione in appello insieme a Raffaele Sollecito.

Amanda Knox condannata a tre anni per calunnia

Knox era rimasta in carcere per l’omicidio di Meredith Kercher, ma è stata assolta in appello. A oggi l’unico condannato, a 16 anni con rito abbreviato, resta Rudy Guede. La sentenza di oggi riguarda le accuse che Amanda Knox aveva rivolto a Lumumba nelle ore successive all’omicidio.

Proprio Lumumba ha commentato la sentenza di oggi definendola “giusta e meritata: è vero, eravamo amici con Amanda, ma non si pugnalano gli amici alle spalle e Amanda mi ha pugnalato e non mi ha chiesto scusa”. Amanda Knox oggi è tornata in Italia a 17 anni di distanza dal delitto di Perugia. In aula ha rilasciato anche una dichiarazione spontanea, ricostruendo quanto avvenuto durante l’interrogatorio e dichiarandosi innocente in merito all’accusa di calunnia: “La notte peggiore della mia vita è stata il 5 novembre 2007, avevo da poco scoperto che la villetta in cui vivevo si era trasformata in un’orribile scena del crimine, ero sotto shock, esausta, senza casa, a migliaia di chilometri dalla mia famiglia. La polizia mi ha interrogato per ore in una lingua che conoscevo a malapena e non accettavano la mia risposta, cioè che ero a casa di Raffaele”.

Nel suo racconto parla del messaggio, il “see you later” inviato a Lumumba, di come le avrebbero dato della “bugiarda”. E, prosegue, “sono stata costretta a sottomettermi, c’è stata una violazione dei miei diritti”. Alla fine scrisse il memoriale: “Non volevo testimoniare contro Patrick, mi dispiace non essere stata abbastanza forte da non reggere le pressioni della polizia”.