Mi irrita la gente che dice in inglese cose che potrebbe benissimo dire in italiano. È una spia del fatto che siamo una colonia americana, ma molti non se ne accorgono.
Aldo Malferri
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Gentile lettore, con me apre una porta aperta. C’è chi la mattina si sveglia e sente il bisogno di scrivere sui social “Good morning” e chissà in che lingua si aspetta che gli altri rispondano. Spesso si tratta di gente che all’estero balbetta anche solo per ordinare una Margherita in inglese. Ma in Italia si sentono American boys come Alberto Sordi in Un americano a Roma, il geniale film di Steno girato nel ’54, nei primi anni dell’occupazione americana (che perdura tuttora). Già allora gli sceneggiatori avevano capito tutto della favola dell’americano liberatore di popoli. Eppure ancora oggi c’è chi crede che gli americani vennero in Italia per liberarla dai tedeschi, poi andarono in Germania per liberarla dai tedeschi e poi in Giappone per liberarlo dai giapponesi. In verità vennero per sconfiggerci e ci riuscirono benissimo, anche grazie all’inettitudine del Duce e della sua classe dirigente. Eppure, per tornare in tema, l’italiano è una lingua magnifica. Pensi ai versi di Bella ciao: tradotti in inglese (Bye-Bye Beautiful) sono una ciofeca, e sarà anche per questo che in tutto il mondo la si canta in italiano. L’ho sentita nei posti più disparati: a Berlino, a Londra e anche a Istanbul in piazza Taksim: ricordo un cantante serbo al pianoforte, cantava in italiano e gli facevano eco in italiano migliaia di turchi adunati per chiedere democrazia, ma palesemente non quella esportata dall’America a suon di bombe.