di Vittorio Pezzuto
Il dibattito politico su amnistia e indulto si è arenato nella pozzanghera dialettica intorno alle umane e giudiziarie sorti di Silvio Berlusconi. È trascorsa ormai una settimana dalla lettura alle Camere del messaggio di Re Giorgio sull’intollerabile situazione di sovraffollamento nelle nostre carceri e sull’obbligo di correre urgentemente ai ripari dopo le reiterate sentenze di condanna della Corte europea, convinta (a ragione) che quanto avviene nei nostri istituti di pena sia tortura bella e buona, altro che rieducazione del condannato e suo reinserimento nella comunità degli uomini liberi. Tema antico e drammatico, che andrebbe trattato con cognizione di causa e senza pregiudizi ideologici. E invece no, anche stavolta tutto sembra risolversi nel chiacchiericcio di giornata tra opposte fazioni.
A far da detonatore alla stucchevole controversia è stato il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri che l’altro giorno ha subito voluto mettere le mani avanti: tranquilli, il Cavaliere sarà comunque escluso da un qualsiasi provvedimento di clemenza. Dimenticandosi che a decidere dovrà essere il Parlamento, il ministro della Giustizia ha così costretto il Pdl a sottolineare un dato che in un Paese appena appena normale dovrebbe essere pacifico: «Nessuno può ritenere che una legge possa non essere applicata soltanto ad un cittadino», spiegava ieri il ministro per le Riforme istituzionali Gaetano Quagliariello. «Credo che la Cancellieri sia stata fraintesa» chiosava la super colomba del Pdl, forse pensando al duro attacco rivoltole dal suo capogruppo alla Camera Renato Brunetta. «Non è accettabile – aveva scritto quest’ultimo su Il Giornale – che un ministro della Repubblica, per di più un ministro tecnico, dica al Parlamento che cosa fare e come farlo» La sua, peraltro, «non è una posizione originale e fantasiosa: pensare e praticare un codice penale a parte ad uso della condanna di Berlusconi è una turpitudine costante».
Il distinguo di Mario Monti
Che le parole di Quagliariello siano di buon senso costituzionale lo dimostrano peraltro la reazione di Antonio Di Pietro («Se la sua proposta dovesse passare sarebbe un’offesa al Paese e un calcio allo Stato di diritto e alla democrazia. Mi auguro che il Pd non accetti questo ricatto, tenga la schiena dritta, altrimenti diventerebbe complice») e la twittata del pentastellato Riccardo Fraccaro («Smentiti Napolitano e Letta! Amnistia dovrà salvare Berlusconi, lo confessa Quagliariello»). Mentre, nel suo piccolo, anche il leader di Scelta Civica Mario Monti si diceva «non favorevole ad un provvedimento di amnistia o indulto che nella tempistica fosse passato per far fronte» alla situazione del Cavaliere. Di avviso completamente opposto il suo ex socio elettorale Pier Ferdinando Casini: «Se l’amnistia e l’indulto servono al Paese – eccepiva – il problema di Berlusconi non esiste. Non è che possiamo dire ‘no’ perché c’è la possibilità che un provvedimento solo indirettamente riguardi anche lui».
Si entra nel merito
Confermata quindi la scoperta dell’acqua calda (un’eventuale amnistia riguarda tutti i cittadini), resta da capire per quali reati il Parlamento stabilirà di concederla. Per questo andrà seguito oggi in Commissione Giustizia il dibattito sui due disegni di legge presentati a inizio legislatura dal presidente della Commissione Diritti umani Luigi Manconi (Pd) e dal senatore Luigi Compagna (Gal). Entrambi prevedono l’amnistia per tutti i reati commessi fino al 14 marzo, per cui la legge prevede la pena massima della reclusione fino a 4 anni; e un indulto, che nel ddl Manconi è di tre anni, in quello Compagna è di quattro (mentre per le pene pecuniarie si tratterebbe di 10mila euro). La differenza è nell’applicazione: Compagna aggiunge espressamente ai reati amnistiabili l’omesso controllo dei direttori delle testate giornalistiche, la resistenza o violenza a pubblico ufficiale e poi ancora falsa testimonianza, rissa, violazione di domicilio, furto, truffa, ricettazione, detenzione di armi clandestine e ogni reato commesso da minorenni; esclude invece i reati commessi in occasione di calamità naturali o approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, oltre a peculato, inadempimento di contratti di pubbliche forniture, favoreggiamento personale, delitti contro la salute pubblica, falso in atto pubblico, diffamazione, violenza privata, reati ambientali o contro i beni culturali (compresi gli abusi edilizi minori), tratta di immigrati clandestini.
Manconi invece esclude tutti i reati riguardanti la pedofilia, i reati informatici ma anche la tratta di persone, l’associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, di rifiuti o di tabacchi, il sequestro di persona, le lesioni personali colpose per i fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o i reati commessi per finalità di terrorismo, eversione o discriminazione.
C’è quindi da scommettere sul divampare dello scontro non appena qualcuno vorrà emendare tali proposte includendo nell’amnistia i cosiddetti reati finanziari. Ad esempio l’evasione fiscale…