Aperture differenziate per regioni. Il piano allo studio del Governo. Il ministro Boccia apre alle richieste dei governatori. Misure diversificate sui territori dal 18 maggio

Come a suo tempo hanno suggerito scienziati e medici torna a far capolino la possibilità di considerare le differenze territoriali per la Fase 2. L’adozione di un piano nazionale omogeneo per la ripartenza dal 4 maggio si è resa necessaria per evitare divisioni all’interno del Paese. Ma la scelta di estrema prudenza operata dal premier Giuseppe Conte nel riaprire ha provocato un’onda lunga di proteste e polemiche. A partire da quelle della Cei. E su questo già dall’11 maggio potrebbero arrivare correttivi con la possibilità di svolgere messe all’aperto.

APERTURE E PALETTI. Ma in attesa che, attraverso Faq, vengano precisate alcune delle norme del Dpcm varato domenica si affaccia la possibilità di scelte differenziate tra le regioni sulle riaperture di attività. A partire dal 18 maggio. A ventilare la proposta alle regioni e agli enti locali è stato il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Bussola delle decisioni sarà sempre la curva dei contagi: più va giù più aperture, più sale più chiusure mirate. I governatori del centrodestra si sono mostrati compatti nel chiedere al governo di evitare rigidità e tempi lunghi, di consentire le riaperture, sempre nel rispetto dei criteri di sicurezza sanitaria. E, soprattutto, hanno chiesto, all’interno delle linee guida nazionali, di poter avere maggiore voce in capitolo.

La competenza delle regioni nella gestione sanitaria non è mai stata in discussione, ha risposto loro Boccia, ma “non sono possibili fughe in avanti”. Vale a dire no a ordinanze che tradiscano lo spirito del Dpcm nel senso di un allentamento delle misure. In presenza delle quali l’esecutivo è pronto a inviare una diffida. Lo strumento possibile è quello dell’impugnativa al Tar. Presenti alla riunione anche il commissario della Protezione civile Angelo Borrelli e il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri. Il ministro dem avrebbe invece spiegato che c’è la possibilità di differenziare a livello territoriale le decisioni ma solo dal 18 maggio e soltanto se i dati sul contagio lo permetteranno.

La Sardegna (a un passo dai contagi zero) potrebbe fare da apripista, anticipando alcune riaperture rispetto al resto d’Italia, d’intesa col governo: fra le ipotesi il via libera già dall’11 maggio a estetiste e parrucchieri e dal 18 a bar e ristoranti. “Se riaprissimo tutto, in due settimane il virus presenterebbe il conto. Il 4 maggio invertiamo la direzione di marcia. Non possiamo permetterci salti nel buio. Vediamo gli effetti. Ritengo giusto fare un primo passo uniforme in tutti i territori, poi potranno esserci elementi di flessibilità regionale”, ha spiegato il ministro della Salute Roberto Speranza, tra i principali sostenitori della linea di massima cautela.

PATTI CHIARI. Le riaperture dovrebbero avvenire secondo un monitoraggio che le Regioni concorderanno proprio con il ministro Leu. Definito il monitoraggio si potrà dunque procedere alle differenziazioni. Ieri in tutto il paese – dalla Lombardia al Veneto, dalla Puglia alla Campania, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia – sono andate in scena le proteste di commercianti e ristoratori che chiedono di anticipare le riaperture, in alternativa si dicono pronti a consegnare le chiavi di botteghe e ristoranti al governo. Oggi in Parlamento si attendono i chiarimenti e le risposte del premier. Ma Conte dovrebbe confermare la bontà della linea scelta. La risalita dei contagi in Germania dopo l’allentamento delle misure restrittive e il rinvio dell’apertura delle scuole in Francia del resto gli hanno già dato ragione.