Apocalypse Now. Il Financial Times torna all’attacco sul referendum: se vince il No, otto banche falliranno

A sette giorni dal referendum costituzionale, il Financial Times evoca l’apocalisse. Ecco cosa scrive il quotidiano finanziario

Il Financial Times torna all’attacco – e lo fa a gamba tesa – a sette giorni dal referendum costituzionale. Se il 4 dicembre dovesse vincere il No, scrive il quotidiano finanziario, “fino a otto banche italiane in difficoltà saranno a rischio fallimento“, in quanto l’incertezza sui mercati allontanerà eventuali investitori per ricapitalizzarle. Secondo Ft, che cita fonti ufficiali e bancarie di alto livello, gli istituto a rischio sono otto: il Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana per asset; tre banche di medie dimensioni (Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Carige), quattro piccole banche salvate l’anno scorso: Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e Cariferrara.

Insomma, uno scenario da incubo. L’Apocalisse: fallisce il salvataggio di Montepaschi e crolla la fiducia in generale “mettendo in pericolo una soluzione di mercato per le banche in difficoltà” italiane, soprattutto se il premier Matteo Renzi si dimetterà causando il protrarsi dell’incertezza durante la creazione di un governo tecnico“. Un altro dei timori è che le eventuali difficoltà delle otto banche possano “minacciare l’aumento di capitale di 13 miliardi di euro di Unicredit, la prima banca italiana per asset e la sua unica istituzione finanziaria di rilievo, in calendario all’inizio del 2017″.

“Il nocciolo della questione è se Siena viene risolta o meno – spiega una fonte – con Siena risolta non sono preoccupato. Con Siena irrisolta, sono preoccupato”. Se Mps dovesse fallire, continua il senior official, tutto diventa possibile inclusa “una resolution delle otto banche”, soprattutto se la vittoria del No dovesse portare alle dimissioni di Renzi e a un periodo di prolungata incertezza. A quel punto “un fallimento di massa degli istituti italiani potrebbe innescare il panico nel sistema bancario dell’eurozona”.

Insomma, siamo alle solite. Il potere finanziario che tenta in ogni modo di influenzare e veicolare il voto popolare. D’altronde, non è la prima volta che il quotidiano londinese usa toni allarmistici sulla possibilità di una vittoria del No. Il 21 novembre Wolfgang Munchau scriveva in un editoriale che “l’esito del referendum potrebbe accelerare il cammino dell’Italia fuori dall’euro. E sarebbe di riflesso una minaccia di disintegrazione per l’Europa”.

Di diverso avviso l’Economist, che il 24 novembre sottolineava le ragioni del No, affermando che Renzi “ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l’Italia torna ad occuparsi delle riforme vere meglio è per tutta l’Europa”. Salvo poi fare immediatamente dietrofront.