Armiamoci e partite. Emma aspetta la chiamata. Le alternative: la Farnesina vorrebbe l’esilio dei vertici siriani o il deferimento alla Corte penale internazionale degli autori degli eccidi

di Vittorio Pezzuto

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe riunirsi oggi per discutere della questione siriana. La notizia è stata confermata ieri dal ministro degli Esteri Emma Bonino, audita dalle Commissioni Esteri riunite del Parlamento. «Si tratta di una riunione che abbiamo sollecitato – ha spiegato – perché ci sia fino alla fine una verifica possibile e anche un luogo dove chi ha l’intelligence la metta a disposizione». Una precisazione importante, dal momento che il titolare della Farnesina ha escluso che il nostro Paese possa prendere parte attiva a qualsiasi avventura militare contro il governo di Damasco decisa al di fuori del perimetro d’azione che verrà tracciato nel Palazzo di vetro. «L’unico quadro di riferimento giuridico» per un intervento militare non potrà quindi che essere un eventuale mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. «Non è un modo di scaricare le responsabilità – ha precisato Bonino – ma un’assunzione di piena responsabilità nei teatri in cui già operiamo», ad esempio l’impiego di nostri militari in Libano (inquadrati nel contingente Unifil) così come in Afghanistan e in Libia. Il ministro ritiene che quella della forza non sia l’unica opzione praticabile in risposta alla strage decisa dal presidente Assad: «Vi sono altre strade percorribili come il deferimento dei responsabili dell’uso di armi chimiche alla Corte penale internazionale o spingere di più verso una soluzione politica, come l’esilio dei vertici di quel regime». Quanto alla Nato, si riunirà domani a Bruxelles nel suo quartier generale per discutere della situazione mentre è stata rinviata a oggi la seconda visita degli ispettori Onu al sito del presunto attacco con armi chimiche nei sobborghi orientali di Damasco. Bonino ha poi rivelato che il prossimo 4 settembre, in un luogo che si è guardata bene dal rendere noto, si terrà una riunione a livello ministeriale dei Paesi “Amici della Siria” e dell’opposizione siriana.

Damasco non vale un litigio
La sua prudenza è riuscita per incanto a soddisfare proprio tutti. Logorate da un agosto trascorso in trincea a combattersi sulla decadenza da parlamentare di Berlusconi, le esauste truppe del Pd e del Pdl non vogliono (e non possono) aprire un altro fronte di scontro per la lontana Siria. «Bene ha fatto il ministro Bonino a sottolineare che l’Italia non parteciperà a missioni militari in Siria senza il via libera del consiglio di sicurezza dell’Onu» ha commentato la deputata Pdl Deborah Bergamini. «È fondamentale che, prima di qualunque mossa, gli ispettori Onu presenti in loco accertino come stanno davvero le cose e che l’Italia faccia la propria parte per favorire una soluzione politica, evitando accelerazioni che potrebbero portare, in tempi brevissimi, ad un punto di non ritorno nel già drammatico disordine che stiamo vedendo in tutto il Mediterraneo». Sulla stessa linea attendista anche il Pd, che per bocca del vicepresidente dei suoi senatori Giorgio Tonini «condivide appieno la posizione del governo italiano sulla crisi siriana espressa oggi dal ministro Bonino», esprimendo «il fermo convincimento che non esista una soluzione militare alla gravissima crisi siriana, non solo (e già basterebbe) per ragioni di diritto internazionale: perché non appare al momento plausibile alcuna autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad un intervento armato. Ma anche per ragioni politiche: perché non è affatto chiaro, al momento, quale sia la posizione prevalente in seno alla opposizione al regime di Assad. La Siria non è il Kosovo. Ci troviamo dinanzi a una situazione molto diversa, in cui individuare un interlocutore alternativo ad Assad è impresa pressoché disperata. Come dimostra la parallela crisi egiziana – ha aggiunto Tonini – siamo infatti in presenza non più solo di un conflitto tra mondo sunnita e mondo sciita, ma anche di un duro confronto in seno alla famiglia sunnita, nella difficile ricerca di una possibile via islamica alla democrazia, al pluralismo, allo stato di diritto». Anche l’opposizione pacifista sembra soddisfatta dall’intervento della Bonino. Gennaro Migliore e l’intero stato maggiore di Sel si schierano infatti contro ogni ipotesi di intervento militare «per quanto limitato o chirurgico che sia, a maggior ragione al di fuori della cornice di legittimità fornita dalle Nazioni Unite». L’uso delle armi «rischierebbe di far precipitare l’intera regione in una tragica spirale di violenza, come anche i recenti attentati in Libano dimostrano, oltre a pregiudicare fatalmente ogni possibile soluzione negoziale già di per sé assai problematica». Per questi motivi fanno proprio «l’appello di Pax Christi per un disarmo bilaterale, con l’immediata sospensione di ogni fornitura militare alle parti in conflitto, e per arrivare ad un rapido cessate il fuoco». Un appello che molto probabilmente resterà inascoltato.