Arrestati e già rimessi in libertà. Beffa sui terroristi fermati a Parigi. Disposte per tutti misure alternative al carcere. Intanto dei tre sfuggiti all’arresto due si sono costituiti

Disposte per tutti i terroristi arrestati in Parigi misure alternative al carcere. Intanto dei tre sfuggiti all’arresto due si sono costituiti.

Arrestati e già rimessi in libertà. Beffa sui terroristi fermati a Parigi. Disposte per tutti misure alternative al carcere. Intanto dei tre sfuggiti all’arresto due si sono costituiti

Se non è una beffa, poco ci manca. Dopo nemmeno 24 ore dal blitz con cui sono stati fermati sette ex terroristi dell’estrema sinistra (leggi l’articolo), responsabili di alcune delle pagine più nere della storia d’Italia e a seguito della decisione di altri due di consegnarsi alle autorità francesi, il giudice di Parigi ha stupito tutti rimettendoli in libertà vigilata.

Questa la misura disposta, pur con diversi gradi di restrizioni dipendenti dalla diversa età e dalle condizioni di salute dei singoli individui, dal togato transalpino e che sarà valida fino al termine dell’iter con cui la giustizia francese deciderà se accogliere o meno la richiesta di estradizione avanzata dall’Italia.

DECISIONE CONTROVERSA. La decisione choc del giudice arriva proprio nel giorno in cui i brigatisti latitanti Luigi Bergamin e Raffaele Ventura (leggi l’articolo) hanno deciso di consegnarsi alla giustizia francese da cui, mercoledì, erano riusciti incredibilmente a sfuggire. Occasione, quella, in cui erano già finiti in manette il fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, condannato a 14 anni, 2 mesi e 11 giorni, Narciso Manenti, ex Nuclei Armati Contropotere Territoriale su cui pende una condanna all’ergastolo, e cinque ex membri delle Brigate rosse. Si tratta di Giovanni Alimonti, che deve scontare una pena di 11 anni, 6 masi e 9 giorni; Enzo Calvitti, condannato a 18 anni, 7 mesi e 25 giorni; Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, quest’ultimi condannati all’ergastolo.

Ancora ricercato, invece, l’ex brigatista Maurizio Di Marzio di cui si sono perse le tracce e che, secondo quanto sospettano gli inquirenti, starebbe sfruttando una rete di appoggi e sostegni ancora presente in territorio francese.

L’ITER DELL’ESTRADIZIONE. Al momento per tutti loro è stata richiesta l’estradizione dall’Italia in quanto si tratta di pericolosi criminali, già condannati per gravissimi episodi di terrorismo durante gli anni di Piombo. Si tratta di un iter complesso e che si preannuncia già piuttosto lungo tanto che, secondo l’Eliseo, potrebbero essere necessari “tra i due e i tre anni”.

Del resto in Francia sono in molti a storcere la bocca per la decisione del presidente Emmanuel Macron (nella foto) di dare il via libera all’arresto dei latitanti italiani. Tra i più critici c’è il leader del partito La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che ha rivolto un appello surreale al Capo dello Stato francese affinché non permetta l’estradizione “degli ex terroristi italiani” perché, riferendosi alla dottrina Mitterrand che ieri è stata sostanzialmente messa in soffitta, “avevano la parola della Francia per 40 anni mentre loro hanno mantenuto quella di deporre le armi e non intervenire più”.

Un passo indietro senza del quale, ammonisce il politico, “la Francia non potrà più negoziare la pace se il nostro Paese non mantiene la parola data”. Un punto di vista contro cui si sono sollevate furibonde polemiche in Italia con quanti chiedono il rispetto delle sentenze emesse negli anni dalla magistratura italiana. Tra questi c’è il leader delle toghe progressiste di Area, Eugenio Albamonte, che ha spiegato che è “giustizia e non vendetta” eseguire le condanne anche se sono passati 40 anni. Secondo il magistrato, proprio sul terrorismo la Francia ha “mancato di collaborazione” e questa è stata a lungo una cosa “difficile da mandare giù”.