di Fabrizio Gentile
L’avvocato Cipriano Chianese era pronto a pagare 500 mila euro per commissionare l’omicidio di un magistrato della Dda di Napoli che stava indagando su di lui. “Io pensai di chiedergli un milione, ma lui era intenzionato a pagare ogni cifra pur di raggiungere questo obiettivo. Quindici giorni dopo questo accordo fu arrestato”. E’ quanto ascritto il verbale choc del killer del clan dei Casalesi da tre anni collaboratore di giustizia che ha consentito la riapertura di un indagine archiviata nel 2011 e che ora vede tornare in carcere il ‘signore delle ecomafie’ Cipriano Chianese. Nell’ordinanza notificata questa mattina a Chianese ai domiciliari, c’e’ il racconto di un episodio che l’ex boss ha raccontato ai magistrati partenopei il 7 luglio del 2010.
Il racconto
“Ero in auto con Carlo Verde (altro affiliato ai Casalesi, ndr) – spiega – quando mi chiese a nome dell’avvocato Chianese di ammazzare un magistrato della Procura di Napoli che stava facendo delle indagini sui conti dell’avvocato. Verde mi disse che Chianese era disponibile a dare anche 500 mila euro per compiere questo omicidio e che il magistrato era il coordinatore della Dda di Napoli. Sempre Verde mi disse che questo attentato avrebbe fatto molto scalpore e io gli risposi che non era un problema suo ma mio”. “Io gli dissi – continua nel racconto Chianese – che 500 mila euro non sarebbero bastati ma servivano un milione di euro.
Verde rispose che avrebbe parlato con Chianese il quale avrebbe sicuramente accettato. Mi disse anche che l’avvocato si era rivolto ad altre persone per eliminare questo magistrato. Non ricordo il nome del magistrato ma posso dire che sta facendo le verifiche sui conti delle societa’ riconducibili a Chianese.
I fatti sono successivi al 2006 anche perche’ di li’ a quindici giorni Chianese fu arrestato. Lui si rivolse a me perche’ sapeva che io avevo commesso molti omicidi, in realta’ piu’ di venti, e per questo motivo credo che abbia scelto me per questo”. Il collaboratore di giustizia racconta anche che Chianese si vantava di avere molte amicizie tra magistrati e forze dell’ordine e “mi disse che mi avrebbe fatto togliere la sorveglianza speciale”. “Voglio inoltre precisare che il clan dei Casalesi ha avuto sempre un forte odio per i magistrati della Dda di Napoli perché la distruzione del clan e’ partita da quell’ufficio.
In diverse riunioni in cui parteciparono Mario Caterino e Giuseppe Caterini si rammaricavano dicendo che i siciliani avevano avuto il coraggio di uccidere Falcone e Borsellino mentre i Casalesi non avevano mai preso provvedimenti seri contro quei pm”.
Le mani nei rifiuti
Cipriano Chianese ha continuato il traffico di rifiuti pericolosi nonostante i provvedimenti della magistratura, in particolare il sequestro delle sue discariche: lo scrive il gip Alessandra Ferrigno nell’ordinanza di custodia cautelare notificata oggi all’avvocato. Dopo aver riportato le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che riferiscono come ancora nel 2007 camion carichi di sostanze tossiche andassero a sversare nelle cave Resit di Giugliano, sequestrate tre anni prima, il giudice scrive: “Tutte le risultanze in atti evidenziano come Chianese sia stato capace nel corso degli anni di tessere relazioni ai livelli quanto più vari: istituzionali, politici, imprenditoriali e criminali e quanto la spregiudicatezza imprenditoriale di Chianese sia espressione di una vera e propria propensione a delinquere che le imposizioni dell’autorità giudiziaria non hanno mai in concreto frenato”. Secondo quanto emerge dall’ordinanza notificatagli, risulterebbe “mandante, regista e, insieme ad altri, parziale esecutore delle attività delittuose che nel dicembre 2005 portarono alla cessione delle quote della suindicata societa’ di trasporti e del relativo complesso aziendale a Francesco Chianese, fratello dello stesso Cipriano”. Cipriano Chianese risulta attualmente rinviato a giudizio per disastro ambientale e avvelenamento di falde acquifere, processo in fase dibattimentale in corso presso la Corte d’assise di Napoli. Il 12 dicembre 20067 sequestro beni per 82 milioni di euro, divenuto confisca con decreto dell’aprile 2013.