Assembrati e confusi. Adesso la destra è del tutto in frantumi. In piazza un solo distanziamento. Quello che divide la Meloni e Salvini

Alla fine l’assembramento c’è stato. Paradossalmente nella manifestazione del centrodestra del 2 giugno l’unico “distanziamento sociale” era quello fra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, il cui unico contatto in piazza è durato il tempo di un selfie. E pure controvoglia da parte del Capitano, occupatissimo a farsi immortalare coi militanti piuttosto che con la leader di Fratelli d’Italia. Che della calca che si è venuta a creare martedì non ha colpa, avendo invitato i suoi a seguire l’evento da casa attraverso i social proprio per evitare che si creassero situazioni di sovraffollamento, così come non ne ha il vicepresidente di FI Antonio Tajani presente a Roma ma in sintonia sull’argomento con Silvio Berlusconi che alle 9.30 del mattino già affidava ai social le sue rimostranze: “Dovevamo limitare al massimo il numero dei partecipanti per evitare assembramenti e non dare cattivi esempi. Non si può fare la predica e poi essere i primi a trasgredire”.

A non rispettare i patti è stato il leader della Lega, che con il contatto diretto col “suo” popolo ha fatto la sua fortuna, che ultimamente appare però in fase decisamente calante. Da una parte l’ombra lunga di Luca Zaia, che continua a macinare consensi fuori e dentro il partito, e che si è in qualche modo dissociato dalla linea del suo segretario federale sull’opportunità di convocare la gente in piazza con il rischio contagio ancora alto: “Ho evitato, come altri colleghi, per non portare strumentalizzazione alla manifestazione. Si metta nei panni dei governatori che pur condividendo la manifestazione di protesta si ritrovano ad essere coloro che hanno fatto decine di ordinanze per gli assembramenti. Trovarsi in mezzo significava trasformare la manifestazione in una mega polemica contro chi prima firmava le ordinanze e poi andava in piazza” ha affermato il presidente del Veneto ospite da Mario Giordano su Rete4.

Dall’altra parte Salvini deve poi fare i conti con il momento di grande spolvero della Meloni: alla discesa nei sondaggi della Lega corrisponde infatti specularmente la netta e costante crescita di FdI. Che rappresenta la vera destra italiana a cui per un po’ di tempo il partito di Matteo, nato come “sindacato del nord” senza collocazione ideologica poi per volontà dello stesso segretario federale tramutato in progetto nazionale e spostato a destra, ha drenato consensi. Meloni si sta semplicemente riprendo i suoi elettori che, orfani di An, erano confluiti nel Carroccio.

Sicuramente il test delle regionali di settembre sarà fondamentale anche per la “conta” interna in una coalizione che di valori e temi unificanti, al di là dell’opposizione al Governo e delle comuni vedute sull’immigrazione, ha ben poco. In particolare è il rapporto con l’Europa, in questo momento tema tutt’altro che secondario, a essere fonte di profonde divisioni fra i sovranisti, con Forza Italia schierata sul sì al Mes e nettamente “europeista” e la collocazione internazionale, con la Meloni su posizioni decisamente più filo atlantiche rispetto alle simpatie pro Putin di Berlusconi e Salvini.