Dopo il via libera degli Stati Uniti e il conseguente utilizzo dei missili Atacms sul territorio russo, non si è fatta attendere la rabbiosa risposta del Cremlino, che ha colpito con un massiccio attacco le infrastrutture dell’Ucraina. A riferire di questa dura reazione è stato il presidente Volodymyr Zelensky, secondo il quale, nel giro di poche ore, la rete energetica dell’ex repubblica sovietica è stata presa di mira da “circa 100 droni e 90 missili di vario tipo”, alcuni dei quali armati con “testate a grappolo” per massimizzare i danni.
Gli attacchi, ha spiegato Zelensky, hanno “preso di mira infrastrutture civili in diverse regioni”, con un’azione che il leader di Kiev ha definito parte di “un’escalation molto spregevole delle tattiche terroristiche russe”. La gravità dell’attacco è evidente dai dati forniti da Serguii Kovalenko, amministratore delegato di Yasno, principale fornitore di energia elettrica del Paese, secondo cui “oltre un milione di abitanti sono rimasti senza elettricità nell’ovest del Paese”. Inoltre gli intensi bombardamenti hanno letteralmente paralizzato la parte occidentale dell’Ucraina, dove, oltre ai problemi energetici, si sono verificati blocchi dei trasporti, interruzioni nell’erogazione dell’acqua e la chiusura delle scuole.
I missili Atacms sulla Russia fanno perdere la pazienza a Putin che in risposta bombarda le infrastrutture energetiche dell’Ucraina, lasciando 1milione di civili senza elettricità
A rispondere a distanza a Zelensky è stato Vladimir Putin, secondo cui l’attacco è stato “reso necessario” come risposta al lancio dei “missili Atacms americani” che, da giorni, colpiscono le regioni di confine della Russia. Il leader del Cremlino, intervistato dall’agenzia stampa Interfax, si è detto convinto che queste armi non faranno altro che aumentare “le sofferenze del popolo ucraino”, senza però riuscire a ribaltare la situazione sul campo. Putin, inoltre, ha assicurato che la Russia “è perfettamente a conoscenza del numero di missili occidentali già forniti a Kiev”, così come di “quanti ne verranno forniti in futuro”, affermando che tali numeri non potranno in alcun modo influenzare l’andamento del conflitto.
Nonostante questa sicurezza ostentata, l’utilizzo dei sistemi d’arma occidentali sembra aver causato una forte irritazione a Mosca. Putin ha infatti dichiarato che, d’ora in avanti, “i centri decisionali a Kiev, le strutture militari e le imprese dell’industria della difesa” ucraina devono essere considerati “potenziali obiettivi per i missili Oreshnik”. Ma non è tutto. La frustrazione del Cremlino emerge anche dalle ulteriori dichiarazioni di Putin che ha attaccato duramente il governo di Zelensky, definendolo “completamente illegittimo e privo del diritto di comandare le forze armate”.
La grande paura della Germania
Nel frattempo, in Ucraina e tra gli alleati occidentali cresce la preoccupazione per la tenuta dell’esercito di Kiev al fronte, minacciata dalla carenza di uomini e armamenti. Proprio per questo, l’amministrazione americana guidata da Joe Biden, secondo quanto riportato dall’Associated Press, starebbe facendo pressioni su Zelensky affinché abbassi l’età della leva obbligatoria dagli attuali 25 anni a 18. Questa proposta, tuttavia, è estremamente impopolare e non sembra essere stata ben accolta dal presidente ucraino, che punta a mantenere il sostegno sia interno che internazionale.
Per ora, Zelensky non sembra intenzionato a considerarla, ma il problema della carenza di soldati potrebbe spingere il governo ucraino a discutere ufficialmente la questione nei prossimi giorni. Quel che è certo è che le difficoltà difensive dell’Ucraina per l’esecutivo di Kiev dipendono dagli alleati occidentali che forniscono le armi promesse con eccessiva lentezza o, in alcuni casi, non le forniscono affatto. La Germania, in particolare, è finita al centro delle polemiche per la decisione di non autorizzare l’invio e l’utilizzo dei missili Taurus.
Sul punto l’ex ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba, ha definito questa decisione “un errore di portata storica”, aggiungendo che “la storia giudicherà il cancelliere tedesco Olaf Scholz per ciò che non ha fatto. Avrebbe potuto passare alla storia come un forte leader europeo capace di cambiare il corso degli eventi, ma questa scelta peserà sulla sua reputazione”. Tuttavia la reticenza di Berlino non sarebbe del tutto immotivata. Al contrario appare legata ai timori di una possibile escalation del conflitto, come spiegato da Bruno Kahl, presidente dell’Ufficio federale di intelligence tedesco (Bnd). Kahl ha dichiarato che la Russia “si sta preparando a un confronto militare diretto con i Paesi occidentali”, ma che, prima di arrivare a tale scenario, potrebbe tentare di “creare divisioni tra i membri della Nato”.
Gli europarlamentari votano e approvano la risoluzione che chiede all’Ue di fornire armi a lungo raggio a Kiev
Quel che è certo è che malgrado le titubanze della Germania, il grido disperato di Zelensky sembra aver subito colto nel segno visto che a Strasburgo gli eurodeputati hanno votato a tempo di record una risoluzione con cui chiedono all’Ue di rafforzare il loro sostegno militare all’Ucraina, anche attraverso la fornitura di aerei e missili a lungo raggio.