Avviso agli alleati. Niente scherzi sul carcere agli evasori. Stop a Quota 100 e Partite Iva. Renzi continua a provocare

Il numero uno del Pd Nicola Zingaretti registra “troppo egoismo, troppe bandierine” che rischiano di oscurare quanto di buono è stato fatto. Il ministro Francesco Boccia, sempre Pd, avverte gli alleati che non è il caso di fare “i fenomeni”. Eppure i timori di Giuseppe Conte, condivisi dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, sulla possibilità che il percorso della manovra, destinata a sbarcare in Parlamento la prossima settimana, sia costellato da trappole e assalti alla diligenza, sono fondati.

CARICA RENZIANA. Italia viva ha già pronti gli emendamenti. Si parte da Quota 100. Matteo Renzi chiederà che la riforma venga soppressa. Ma non avrà vita facile. La misura è sponsorizzata dal premier (e anche dai dem) e il M5S è granitico nel difendere il diritto di andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi. Ci saranno anche tentativi di allungare le finestre di uscita dal mercato del lavoro. Ipotesi, quest’ultima, che il governo, in una prima fase, ha preso in considerazione ma che per volere della maggioranza, soprattutto dei grillini, è naufragata. Altro capitolo aperto per i renziani sono le micro-tasse. Prima fra tutti la sugar tax. Non piacciono neppure la plastic tax e l’aumento della cedolare secca al 12,5% sugli affitti calmierati. Balzelli che il governo è disposto a rimettere in discussione, purché si trovino alternative che garantiscano le stesse entrate.

Il nodo rimane quello di sempre: le risorse. Nel momento in cui l’Italia risponde ai rilievi mossi dall’Europa diventa vitale salvaguardare l’equilibrio dei saldi. Italia viva peraltro ha già ottenuto il rifinanziamento del bonus cultura per i 18enni e l’allentamento del giro di vite nel settore delle costruzioni con le modifiche agli obblighi per le imprese appaltatrici e subappaltatrici. Aperta rimane la discussione sul pacchetto flat tax delle partite Iva. Certa a oggi è la cancellazione del secondo step della tassa piatta, quella che dal prossimo gennaio avrebbe dovuto far scattare il prelievo del 20% in presenza di ricavi o compensi tra i 65 e i 100mila euro. Ma per quanti godono della flat tax al 15% continuano a rincorrersi nuove versioni.

La prima bozza del decreto prevedeva alcuni paletti anti abusi considerati punitivi dal popolo delle partite Iva. Per buona parte sono saltati: il regime resta forfettario per tutti gli autonomi che dichiarano ricavi fino a 65mila e che godono del prelievo agevolato al 15%. Sparisce l’obbligo del regime analitico nella determinazione del reddito. Vengono introdotti due vincoli di accesso: il tetto di 30mila euro per chi cumula reddito da lavoro subordinato o da pensione e il limite di spese per prestazioni di collaboratori o dipendenti che non dovrà essere superiore a 20mila euro. In forse resta il vincolo del valore dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 30mila euro. “Le partite Iva sono la classe operaia di oggi”, ha detto il capo politico dei Cinque Stelle Luigi Di Maio.

NORME PENALI. Il numero uno della Farnesina è deciso a difenderle fino all’ultimo. Altro grande capitolo è l’inasprimento delle pene per i grandi evasori. Il M5S ne fa una battaglia identitaria. Per andare incontro ai dubbi di quanti nella maggioranza, specie i renziani, erano contrari a che norme di diritto penale entrassero in un decreto fiscale, il governo ha stabilito che la loro entrata in vigore è rinviata ai 15 giorni successivi alla pubblicazione in Gazzetta della legge di conversione. Il che vuol dire che il pacchetto potrà esser bersaglio di attacchi, considerati i 60 giorni di tempo a disposizione di deputati e senatori. Ma il guardasigilli Alfonso Bonafede ostenta sicumera o forse lancia un avvertimento: “Non mi aspetto ripensamenti né trappole in Parlamento”.