di Monica Tagliapietra
Prestare soldi a famiglie e imprese? Le banche italiane non ci pensano proprio, anche perchè ai nostri istituti ancora oggi nulla conviene di più che investire in titoli di Stato. A registrarlo è ancora una volta la Banca d’Italia, che conferma così come l’economia nazionale sia rimasta senza ossigeno. D’altra parte, i rendimenti dei prestiti al netto delle rettifiche sono di poco inferiori al 2% mentre quelli sui titoli del debito sovrano italiano rendono nel semestre in corso oltre il 2,5 per cento. Il dato, che anche La Notizia da tempo segnala come molto preoccupante, si evince da un report di Via Nazionale che fotografa un trend diverso tra istituti di credito grandi e piccoli. Le banche minori continuano infatti ad acquistare titoli di Stato italiani mentre le cinque grandi a settembre hanno effettuato disinvestimenti netti che hanno contribuito a far registrare all’intero sistema (tra luglio e settembre) vendite nette di titoli per circa 10 miliardi. Un alleggerimento del portafoglio del sistema favorito anche dal rimborso parziale delle Ltro (le aste di finanziamento) della Bce.
Prestiti impossibili
A fine giugno – si legge nel Rapporto sulla stabilità finanziaria – le banche italiane avevano in portafoglio titoli di Stato per 396 miliardi (321 miliardi sei mesi prima) e a fine settembre Palazzo Kock stima uno stock di circa 10 miliardi.
In attivo solo 55% delle aziende
Anche per questa mancanza di credito le imprese si trovano ad affrontare una recessione che ne fiacca la redditività. La Banca d’Italia segnala che l’indicatore di redditività dato dal rapporto tra margine operativo lordo e valore aggiunto ha toccato a giugno scorso “il livello minimo dall’avvio della serie storica nel 1995” al 31,4 per cento. Da prime indicazioni sui risultati del 2013 emerge poi che la quota di imprese (20 addetti) industriali e dei servizi che prevede di chiudere l’esercizio in utile è pari al 55%, invariata rispetto al 2012, “ma circa dieci punti percentuali in meno rispetto al periodo precedente la crisi”. Gli imprenditori tuttavia sono meno pessimisti sul futuro anche se i miglioramenti delle aspettative “tardano a tradursi in una ripresa della produzione industriale e degli ordini”. Via Nazionale segnala inoltre un aumento nel primo semestre delle procedure concorsuali e di liquidazione volontaria delle società di capitali, mentre alle quindici banche italiane impegnate con gli stress test della Banca centrale europea, mancano 1,2 miliardi di capitale.