Si è conclusa nel peggiore dei modi la scommessa politica di Emmanuel Macron, che, nel tentativo di arginare l’avanzata del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e l’exploit delle sinistre unite nel Nouveau Front Populaire (NFP), aveva puntato tutto su Michel Barnier. Come previsto, il primo ministro della Francia è stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale di Parigi, dove la mozione di censura della sinistra unita, supportata dal Rassemblement National, è stata approvata con 331 voti favorevoli, ben oltre i 289 richiesti.
L’esito della votazione era ormai evidente da giorni. In uno scenario surreale, l’estrema destra di Le Pen aveva annunciato il suo appoggio alla mozione della sinistra. Una scelta duramente criticata da Laurent Wauquiez, leader dei Repubblicani, che, nel suo intervento prima del voto, ha accusato Le Pen e la sinistra de La France Insoumise di “avere la responsabilità di far precipitare la Francia nell’instabilità”.
Poco prima del voto, Barnier aveva lanciato un appello “all’unità”, sottolineando come il Paese fosse in difficoltà e che “questo è il momento della responsabilità”. Un appello ignorato da Le Pen, che, durante il suo intervento, ha spiegato il motivo del suo sostegno alla mozione della sinistra: “Non è con gioia nel cuore che appoggeremo la mozione di sfiducia presentata dal Nuovo Fronte Popolare. Ma le istituzioni ci costringono a mescolare le nostre voci con quelle dell’estrema sinistra”.
Barnier silurato dal Parlamento
Contrariamente a quanto si possa immaginare, questa crisi di governo non è stata un fulmine a ciel sereno. I malumori erano già emersi a settembre, quando Macron, dopo le elezioni legislative, ha scelto di affidare l’incarico di primo ministro a Barnier. In quel momento, l’avanzata di Le Pen, ritenuta fino ad allora inarrestabile, era stata fermata grazie al Nouveau Front Populaire, che aveva conquistato la maggioranza dei seggi, superando sia RN che Renaissance, il partito di Macron.
Tuttavia, anziché cercare un’intesa con la sinistra, Macron ha preferito piazzare un suo uomo al comando, definendolo capace di “unire la Francia”. Questa decisione ha scatenato l’indignazione della gauche, che aveva promesso battaglia. Con il tempo, la situazione è ulteriormente peggiorata: Barnier è diventato bersaglio di proteste della società civile e, nel pieno delle contestazioni, ha aggravato la situazione attivando l’articolo 49.3 della Costituzione francese per approvare il bilancio della Previdenza Sociale senza un voto parlamentare.
Sebbene legale, questa mossa si è rivelata fatale per un governo di minoranza, offrendo un’occasione unica per la sinistra e l’estrema destra di unire le forze. Il risultato è stato la sfiducia e la caduta di Barnier, che diventa così il primo ministro con il mandato più breve nella storia della Quinta Repubblica.
Stallo politico in Francia
Le opposizioni non hanno perso tempo a chiedere un passo indietro di Macron, ma il presidente sembra deciso a restare al suo posto. Anzi, entro le prossime 24 ore potrebbe nominare un nuovo primo ministro, con i nomi di Sébastien Lecornu, attuale ministro della Difesa, e François Bayrou, leader centrista, in pole position.
Questa decisione, che appare affrettata, è probabilmente dettata dalla necessità di non lasciare la Francia senza un governo in vista della visita del presidente Donald Trump, atteso a Parigi questo weekend per la riapertura di Notre-Dame. Secondo quanto riportato da BFM TV, Macron mira a evitare l’imbarazzo di trovarsi senza un esecutivo funzionante in un momento così simbolico.