Barricate sulle maxi indennità. Così le caste si difendono. Anche la Lega si oppone al taglio degli stipendi dei parlamentari: non è nel contratto. M5S al lavoro pure per ridurre il numero degli eletti

I partiti tradizionali alzano le barricate sul possibile taglio agli stipendi dei parlamentari

Com’era facilmente immaginabile, dopo l’annuncio di Capodanno di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista in merito al taglio degli stipendi dei parlamentari, immediate sono state le barricate innalzate dai partiti tradizionali, sempre attenti quando si tratta di difendere privilegi acquisiti. Quello che forse non ci si aspettava è che ad intervenire contro i Cinque stelle ci fossero anche i colleghi della Lega. E così, dopo Matteo Salvini che aveva detto di “preferire” misure più concrete, ieri è toccato a Claudio Borghi, che ha sottolineato come il provvedimento non sia presente nel contratto di Governo.

“Io c’ero quando si scriveva”, ha detto ieri in un’intervista a Repubblica il presidente leghista della commissione Bilancio Claudio Borghi, “e in quel contratto tra Lega e M5s, il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c’è”. Ma non solo, Borghi ha anche rivelato che la questione fu “accantonata”, perché nel merito non c’era un accordo tra le parti. Il terreno rimane comunque molto scivoloso, perché il rischio è quello di lasciare la battaglia agli sprechi della politica ai grillini. Anche per questo il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo al Corriere della Sera ha rilanciato: “Chiederemo che entro fine gennaio venga discussa in Aula la riforma sul taglio dei numeri dei parlamentari. Perché è anche questa la via per contenere i costi eccessivi della politica”. Insomma, per la Lega ha senso ridurre il numero dei parlamentari ma non le loro retribuzioni.

A spiegare la linea del Movimento è stato, tra gli altri, Francesco D’Uva, capogruppo M5S alla Camera: “Per servire il proprio Paese con serietà non servono stipendi faraonici. Serve solo impegno e concretezza. Basta record negativi per l’Italia: quest’anno tagliamo sia gli stipendi che il numero dei parlamentari: è la fine dei privilegiati!”, ha scritto su Twitter. Insomma, un provvedimento per il Movimento non esclude l’altro e, anzi, va di pari passo, al contrario di quanto chiesto dalla Lega. I Cinque stelle, dunque, non sono disposti a fare passi indietro. “Ora che siamo al Governo vogliamo che tutti i parlamentari seguano il nostro esempio – ha rincarato la dose il pentastellato Luca Carabetta – Oltre al taglio degli stipendi, quest’anno taglieremo anche il numero dei parlamentari: si tratta di misure prioritarie per questo Governo, perché tagliando i costi della politica ed eliminando sprechi e privilegi si possono investire quei soldi per qualcosa di davvero utile per la comunità, restituendo ai cittadini un po’ di equità sociale e di fiducia, completamente perse in questi anni di malapolitica”.

Una linea decisa, dunque, che ora spaventa i partiti. Accanto alla Lega, infatti, a criticare i Cinque stelle sono state anche le altre forze politiche. Forza Italia è tra i più accesi oppositori della misura: “L’ennesima suggestione ‘anti-casta’ dei M5s, ossia il taglio del trattamento economico dei parlamentari, rischia di essere un diversivo per non affrontare i veri nodi sociali del Paese”, ha detto ieri la deputata azzurra Annagrazia Calabria. “Considerate le difficoltà economiche in cui versa il Paese, il M5s non vara provvedimenti che rilanciano l’economia, creano lavoro e abbassano le tasse, ma fa propaganda inutile sugli stipendi dei parlamentari, che, ricordiamo, furono già abbassati sotto il governo Berlusconi”, ha detto invece Simone Baldelli. Dal Pd a parlare è stato Giuseppe Sala che ha scelto la strada della sfida: “Seguo con interesse la proposta di tagliare gli stipendi dei parlamentari. Per favore non giochiamo sui rimborsi, se volete fare una cosa vera, fatela fino in fondo”. Non resta che attendere la risposta della maggioranza gialloverde.